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J.J. Abrams

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Visto che mi agito in presenza di vasti assembramenti di persone e che, come ben sapete, sono molto disorganizzata – almeno per quanto riguarda la mia vita privata -, sono riuscita a vedere Star Wars soltanto domenica. CENT’ANNI DOPO L’USCITA! UNA VITA, È PASSATA. UNA VITA! Che vi devo dire. M’invitano alle anteprime dei film, ma è tutta roba super concettuale con proiezioni stampa alle undici e trenta della mattina. Registi dell’ex-DDR. Dialoghi in assiro. Orfani scalzi. Malati terminali. Flebo, lacrime, minoranze etniche e dialetti dimenticati. Quando esce Star Wars, invece, non c’è un’anima che si ricordi di me.
Ma non è finita.
Perché al cinema ci sono pure andata da sola. Amore del Cuore ha un sacco di straordinarie qualità, ma non c’è modo di fargli tollerare i cavalieri Jedi e C3PO. Di base, anzi, sopporta con rassegnazione i miei entusiasmi cinematografici. Mi accompagna e s’addormenta. O m’accompagna e polemizza. In questo specifico caso, poi, si è rifiutato di assistere al discutibile spettacolo di una persona adulta che si commuove sui titoli di testa di Star Wars. Perché mi sono commossa, va bene? Mi sono venuti i lucciconi. Anzi, si è sicuramente trattato di un bruscolino nell’occhio. Chi siete voi per giudicarmi? Andate a coltivare il riso su Tatooine!

bb8.

Comunque.
Tutto quello che dirò avrà ben poco senso, perché mi è bastato vedere lo spadone laser a croce nel primo trailer di Star Wars per decidere che questo film mi sarebbe piaciuto. Il Millennium Falcon che torna a volare… come una grossa pizza arrugginita! Han Solo e le sue rughe! Quell’assurdo robot a forma di palla medica che, non si sa come, riesce pure a fare i gradini! La colonna sonora! La principessa Leia con una nuova pettinatura! La Ribellione!
…gente, ma che altro volete? Date retta a Zerocalcare e non rompete l’anima.
In parecchi, in questi giorni, si sono lamentati a gran voce delle palesi analogie tra Il risveglio della strabenedetta forza Una nuova speranza. Se questo film fosse stato completamente diverso – tipo le tre sonore bestemmie cinematografiche che ci siamo sorbiti nel 1999, nel 2002 e pure nel 2005 -, invece, vi sareste incazzati da matti perché gli eroi della vostra infanzia erano stati mortalmente oltraggiati da J.J. Abrams, sgherro della Disney e mercenario asservito alle industrie di gadget. Va bene, l’uva di Yoda è parsa un tantino eccessiva pure a me, ma se facciamo un bel respiro tutti quanti insieme sono certa che riusciremo a superare anche questo ostacolo, abbandonando il banco della frutta con la coscienza linda e splendente.

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Quello che voglio dire – credo – è che Il risveglio della forza è un film intelligente. Non sputa in faccia a noi che siamo cresciuti con Star Wars e accoglie in una galassia lontana lontana anche la gente che, per ragioni anagrafiche o sacrosanto e legittimo menefreghismo, a Star Wars si avvicina per la prima volta. A me, sinceramente, che si corra dietro a un droide a palla esattamente come si correva dietro a un’unità C1 (ripiena di messaggi principeschi) non causa particolari scompensi tiroidei. Che ci sia una versione bombatissima della Morte Nera – che si distrugge pure allo stesso modo -, un Jedi che non sa di essere un Jedi, un Nuovo Ordine che è come l’Impero, un burattinaio mega-cattivo che fa il Palpatine della situazione – ma più olografico e con qualche evidente complesso legato alla statura – e un pesce bargiglioso che t’illustra dov’è che devi andare a silurare, ecco, a me questa roba non fa arrabbiare. Non è un reato di lesa originalità. È solo un investimento narrativo diversificato. In questo film c’è una base profondamente rassicurante – preziosa per chi, come me, non avrebbe tollerato un’altra paccata di stronzate sui midichlorian -, ma anche tanta roba pronta a lievitare per diventare una nuova storia.
E io voglio vedere che cosa succede.
Ma un sacco.
E i personaggi al debutto? Mi garbano. Va bene, il Comandante Phasma neanche si capisce che è Gwendoline Christie e del povero Finn non potrebbe stracciarmene di meno, ma Domhnall Gleeson è un ottimo generalino nevrastenico e Rey è una ragazza per cui fare il tifo. La principessa Leia – nonostante la sua fastidiosa sicumera – non era precisamente una rincoglionita, ma era ora che dessero una spada laser in mano a una femmina che pilota astronavi, smista rottami e fracassa di bastonate i malintenzionati.
Io, comunque, amo Kylo Ren. Ne ho lette di tutti i colori, ma me ne frego alla grandissima. Ah, si toglie la maschera ed è un babbo. Ma pensa te, ha ucciso Han Solo. Come ha potuto! Come faremo senza Han Solo! Kylo Ren ha le orecchie a sventola!

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Kylo Ren, quanto è vero Yoda, è l’unico alle prese con un dilemma devastante. E ha pure un bruttissimo carattere da gestire. Che devo fare, simpatizzo con i burberi. Tifo per quelli che, di fronte a una notizia non proprio positiva, disintegrano con uno spadone laser crociforme un’intera sala di controllo dall’astronave su cui viaggiano. Ira! Tormento! Problemi! Insicurezza! Rabbia! Aspettative eccessive! Paragoni impossibili con illustri parenti! Il Lato Oscuro vuole il motorino! Kylo Ren somiglierà all’incrocio tra Zlatan Ibrahimović e Severus Snape – riuscendo comunque ad avere un suo gran bel perché –, ma è una creatura super interessante. Ed è perfettamente normale che vada in giro con una maschera complicata e spaventosa. Come è molto ragionevole che sotto la maschera ci sia uno che non sa bene dove sbattere il cranio. Ho letto una fan-theory stupenda – che giustifica le atrocità di Kylo Ren in ottica di astuto doppiogiochismo, sacrificio supremo e bene che trionfa – ma, a dirla tutta, a me Kylo Ren andrebbe bene anche come puro cattivo in-training. Una sola cosa vi chiedo: non cambiategli spada laser. Dategliene una più grossa, al massimo.
Per tutto il resto, scelgo deliberatamente di non ascoltarvi. Non ho intenzione di sorbirmi polemiche, menate complottiste e brontolamenti vari. Sono felice come un coniglietto grasso e non riuscirete a scalfire la mia gioia. Abbiamo di nuovo Star Wars e…

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<3

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Che io ami follemente BadTaste.it è risaputo. Che loro, ogni tanto, trovino la forza di ricambiare questo mio sentimento è meno scontato. Un po’ di tempo fa avevano deciso di pubblicare un mio sproloquio fangirlistico su IronMan 3 e adesso, in nome di tutto ciò che è sacro e bello, hanno ospitato un nuovo Tegamini-post, la recensione del MIRABILE S. di J. J. Abrams e Doug Dorst. Travolta dall’entusiasmo, ho pure fatto un video in cui cerco di sfogliare il misterioso tomo – con una goffaggine senza pari -, spiegando com’è fatto e che c’è dentro, tra un gridolino e l’altro. Dico MAGICO un sacco di volte e ad un certo punto mi esce anche una splendida GAFF, ma è comunque un filmato molto istruttivo.

Comunque.

Leggetevi la recensione su BadTaste.it e divertitevi alle mie spalle con lo sfoglia-sfoglia videotour.

E grazie ancora al prode A. F. B. – dopo S. diventerete fan scatenati degli acronimi – per l’ospitalità. È sempre un immenso e fiammeggiante onore.

Il mio papà è, da sempre, il compagno di cinema ideale per determinati generi. Col papà si vede la fantascienza, si vedono le tamarrate tecnologiche e le catastrofi. Abbiamo condiviso momenti felicissimi davanti ad Armageddon, Deep Impact, Il quinto elemento e addirittura Contact, che in pratica è piaciuto solo a lui. Che vi devo dire, anche il più granitico dei genitori ha, ogni tanto, un cedimento astronomico-mistico. Dimenticavo, guardiamo pure i film con gli esorcismi, ma quelli solo a casa e in seconda serata su Sky che, si sa, sono tutti delle cacate pazzesche e non vale la pena sprecare i soldi del biglietto. Comunque, in quest’epoca di revival e rispolveroni di vecchie cose care, io e il papà abbiamo un sacco da fare. Siamo andati a vedere Tron e il primo Star Trek di GEIGEI Abrams e volevo pure portarlo a vedere Prometheus ma poi è finita che ci sono andata da sola… e per fortuna, sarebbe stato uno spezzacuore per il mio papà. Mostri a forma di biscia-vagina, culturisti albini e parti cesarei fai-da-te. Dov’è la poesia dello spazio. Dov’è la mirabile dicotomia uomo-mostro. Al mio papà piacciono quelle cose lì, oltre al sedere sodo di Ripley. Dategli un HAL9000 che blatera filastrocche ed è subito Natale. Fategli vedere Io, Robot e vi compatirà brandendo un tomo di Asimov e declamando a memoria le tre leggi della robotica. Per dire, il suo film preferito credo sia L’uomo bicentenario, che se lo sceneggiava Asimov in persona veniva difficile farlo più rispettoso del libro e del sacro materiale di partenza.

Diamine, sto divagando. Se solo avessi un cervello positronico, lì sì che andrei in ordine.
Quel che volevo dire – credo – è che anche per Star Trek. Into Darkness abbiamo onorato le tradizioni e ci siamo allegramente presentati al cinema a braccetto. Visto che il papà ha più di 65 anni ma si vergogna a usufruire dello sconto-anziani, col bigliettaio ci parlo io. “Senta, nonostante il mio gagliardo genitore se li porti benissimo, temo proprio che dovrà fargli il ridotto”… al che interviene anche lui, solitamente con un “Che ci vuole fare, gli anni passano”, perché comunque gli rode un po’ che gli facciano quel biglietto lì. Poi niente, quando entriamo in sala o fa il melodrammatico (durante i trailer di Tron è riuscito a dire “Che poi insomma, sono contento di vedere il 3D, che di opportunità per andare al cinema non me ne restano poi molte, ormai”) o si stupisce (“Ma guarda, c’è anche il buco per metterci la bibita”). L’unica costante è che ci mettiamo in quinta-sesta fila, che la miopia è ereditaria.

Alla fine, Into Darkness ci è piaciuto perché non poteva non piacerci, siamo fatti per amare questi film qua.
L’Enterprise che emerge dalle acque, Spock che cementa un vulcano, Benedict Cumberbachichachech che prende a mazzate un intero plotone di klingon incagnatissimi, sentimenti, Chris Pine con la faccia gonfia, scudi al minimo, il cammeo della mummia di Leonard Nimoy, criogenia!
Ci è garbato, è vero, ma non ci ha convinto del tutto. E la recensione più accurata e corretta che posso fornirvi è, al momento, quella del mio saggio e sintetico papà.

Che spettacolo. Bello, bello. Mi è piaciuto molto. Non so bene perché Sherlock Holmes fosse così agitato, ma mi è piaciuto.

Dateci dei cattivi motivati. Dateci dei cattivi per cui fare il tifo. Dateci dei cattivi di cui conosciamo e comprendiamo il passato – e non solo perché eran già in uno Stak Trek del 1982. Se non lo fate, ce ne fotteremo altamente del loro futuro. E continueremo a fissare rapiti le frangette dei vulcaniani.