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Aspettiamo che la fotografa faccia la post-produzione, ho pensato. Scegliamo un po’ di foto, Amore del Cuore fa qualche prova di impaginazione, gliele ridiamo, lei ce le sistema tutte bene-bene e poi posso sventolarle di qua e di là. Solo che siamo ancora allo step uno, in pratica. Scegliamo le foto, Amore del Cuore? Ma c’è il Milan… di Pippo Inzaghi! Allora le guardiamo domani. Ma domani dobbiamo andare all’anteprima delle Tartarughe Ninja! Insomma, il disagio. Abbiamo una roba tipo seimila foto, in milioni di cartelle. Cartelle in bianco e nero. Cartelle a colori. Cartelle. Dopo numerosi tentennamenti, ci siamo messi lì ad appiccicare dei pallini digitali vicino a quelle che ci piacciono. I miei pallini sono verdi e quelli di Amore del Cuore sono gialli. I pallini sono stati copiosamente distribuiti, ma poi la vita ci ha sopraffatti ancora una volta e non siamo riusciti a cimentarci nell’organizzazione di un ipotetico album. Non ancora, almeno.
Visto che bisognava dare una svolta al processo creativo, qua ci sono un po’ dei nostri pallini colorati delle Matrimoniadi. Le mirabili foto sono opera di Emanuela Balbini, che vorremmo pure ringraziare con tutto il cuore per essere stata pazientissima, disponibile, invisibile, fantasticamente vigile e – tanto per sintetizzare – un casino brava. Ogni volta che passiamo davanti a una siepe o a un muro romanticamente sgarrupato pensiamo a lei che ci grida AMOREGGIATE! (e MENO LINGUA!, anche). Nel mio caso c’è stata anche una lunga serie di SALTA! che un po’ più giù riuscirete ad apprezzare meglio.
Pronti?
Pronti, valà, che sono già passati tre mesi.
Benvenuti al (sommamente frammentario) Fotoromanzo delle Matrimoniadi. Stavo per mettere tutte le foto che possediamo, ma vi ho risparmiato l’omelia di Don Giovanni, Amore del Cuore che si allaccia le scarpe con incredibile perizia, il buffet dei dolci, noi che limoniamo duro con centinaia di metri quadri d’edera alle spalle e tutti quanti i convenevoli. Il buffet dei dolci non l’ho visto nemmeno io, adesso che mi ci fate pensare.

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Qua c’è la mia adorata cognata Alice-Fenice che veste Amore del Cuore in una bizzarra camera d’albergo eletta a campo base della famiglia dello sposone. Si vocifera che Fenice sia la persona più brava della Lombardia ad abbottonare le camicie.
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Qua c’è Beatrice che cerca di capire come farmi somigliare a una persona.
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Un pregevole ricciolo-cannellone, forgiato dalle prodigiose mani di Elena.
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Ottone von Accidenti si è rifiutato di portarci le fedi, così ci siamo rassegnati al tradizionale cuscinetto.
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Vogue Piacenza – Luglio 2014.
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Qua è un po’ il momento in cui ci si domanda se i tacchi sono troppo alti. Certo che sono troppo alti, ma produrrete una tale quantità di endorfine da dimenticarvi delle vostre estremità. E anche di fare la pipì per un’irragionevole quantità di ore.
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Se ce l’ho fatta io, possiamo farcela tutte.
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Là sotto ci siete voi, ma prima o poi vi tireranno fuori.
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Le ragazze di Poesie Sposa non solo vi vestiranno, ma vi allieteranno anche con stupefacenti numeri di magia. Qui, per dire, un aggeggio di seta rosa scaturisce direttamente dalla mia generosa scollatura.
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EVVAI. Ci state ancora dentro. Non siete ingrassate all’improvviso come dei leoni marini!
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Questo, invece, è un po’ il momento in cui vi domanderete se vostro marito sarà in grado di slacciarvi il vestito, in un momento imprecisato della notte. E sarà anche l’ultima volta nell’arco della luminosa giornata del vostro sposalizio in cui sarete in grado di fare un respiro profondo, di quelli che coinvolgono l’intera cassa toracica, con spostamenti di costole e tutto il resto.
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Lì ero un po’ angustiata perché temevo di rossettarmi accidentalmente qualcosa di bianchissimo. Terrore che ha continuato ad accompagnarmi per il resto delle Matrimoniadi.
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Nel frattempo, all’accampamento dei Del Cuore si pensava alle cose importanti.
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Il perché al mondo esistano le occhiaie continua ad essere un mistero.
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Ma guarda. Siete addirittura arrivate.
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A livello di difficoltà, ho patito molto di più a scendere da quella macchina lì che a laurearmi. Anche perché ci sono arrivati tutti dopo a decidere di fare in là la stramaledetta portiera. Quella signora lì con la capoccia bionda è MADRE, Terrore delle Galassie. Ho avuto il divieto di pubblicare primi piani ravvicinati perché ha detto che è rugosa. Quindi ci si accontenterà di inquadrature vaghe e truffaldine.
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Il mio papà che tenta invano di comprendere come camminare di fianco a una persona avvolta in una tonnellata abbondante di organza di seta multistratificata senza causarle un danno permanente.
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Qua eravamo al “vai, papà. Conto fino a tre e vediamo cosa succede”. Nonostante le raccomandazioni, poi, ho continuato a impugnare il BUCHE’ come una Babolat.
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Questa è più o meno l’unica foto in cui non guardiamo entrambi per terra con un’espressione sommamente preoccupata. Si vede che a metà strada ci eravamo ormai convinti di essere capaci. Adesso posso anche chiudere la sfilata di Chanel, ma mangiando un panino con la salamella.
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FIGATA SPAZIALE! Siamo riusciti ad arrivare in fondo alla navata! Questo matrimonio sarà un successo!
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Attacco al Regno dei Cieli. Con due carrarmatini.
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Caspiterina, un anello!
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Amore del Cuore, lì fuori ci sono le persone che ci vogliono tirare il riso.
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Volée di dritto matrimoniale!
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Preparatevi all’irreparabile. Vi ritroverete chicchi di riso anche nelle mutande.
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Ricordate, amici. Tirate il riso pilaf, che non sporca lo sposo. E non scuoce.
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E usate il BUCHE’ per proteggere i vostri momenti di intimità.
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Fate anche un po’ le timide.
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E masticate con la bocca chiusa.
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Numerosi TVB.
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Amore del Cuore, mi si sono afflosciati tutti i capelli, ma è la prima volta che mangiamo insieme da sposati e sono molto contenta.
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L’unico giorno caldo dell’estate 2014. Il cielo ci protegge.
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Radiose giovani donne che non hanno paura di inciamparmi nello strascico. Amore del Cuore, al terzo UISCHI SAUAR, comincia a dare segni di cedimento. La provenienza delle rose giganti è ignota.
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Per rallegrarci come si deve della magnificenza del mio pizzo.
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La foto ufficiale con i CupidoS. A loro dobbiamo la nostra felicità. Manuela, per farmi una cortesia, è diventata all’improvviso poco fotogenica.
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Compito della sposa è vagare incessantemente per i tavoli, tipo ape operaia.
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MADRE, Flagello dei Mondi, spupazza Amore del Cuore con evidente soddisfazione. E Amore del Cuore sembra anche che ci stia.
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Una roba a metà tra uno SCIO’ PUSSA VIA e un saluto dalla carrozza. L’assurdità del gesto è sicuramente imputabile alla signorina a pois, l’iperattiva madamigella Gabbianella.
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Andrea Gentile non avrà fatto in tempo a leggere in chiesa perché si è dimenticato a casa i pantaloni, ma il discorso gli è venuto benissimo e ci siamo assai commossi.
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Cielo, la squadra di tennis di mio marito!
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SALTA!
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SALTA, MALEDIZIONE, SALTA!
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Ecco, andava bene anche se saltavo un po’ meno. Su TMZ titolerebbero “Bride flashes flancy embroidered thong”. Credo sia la mia foto preferita.
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Le due eroiche signore che hanno avuto la pazienza di spiegare ad Amore del Cuore com’è fatto un ufficio. Amore del Cuore, al tempo, aveva moltissimi capelli.
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Ecco, quell’energumeno col boccione di rosso è Cippo, l’artefice del nostro viaggio di nozze. Fatevi organizzare i viaggi dalla gente che è capace di divertirsi, che vengono meglio. Grazie Cippone! (Il giorno dopo si è scoperto che, per tornare a casa, Cippo ha attraversato in macchina un campo di mais).
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Può accadere che ad un certo punto qualcuno decida di issarvi su una seggiola. Se non c’era il papà di Amore del Cuore, però, col cavolo che ci salivo.
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Un assembramento di ovaie selvaggiamente felici. Ve le noleggio, se avete delle amiche un po’ menose.
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Può anche capitare che vostro marito venga sollevato da terra da un uomo che si fa chiamare Andres Diamond. Il medesimo uomo, poi, vi metterà della musica bella.
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La scandalosa avvenenza dei giovani Del Cuore.
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Le incomprensibili scapole appuntite della sposa.
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La torta alla fine era così. In cima ci sono i dinosauri acquistati da MADRE – Devastatrice di Orizzonti – chissà dove. Probabilmente è andata fino in Mongolia a scavarli via dalle pendici di un crepaccio. Lì, nel frattempo, ci siamo noi che accoltelliamo la torta. Più che un taglio è venuta fuori una pugnalata. Perché non sembra, ma non è facile capire come affrontare una torta nuziale. Quale sarà la consistenza? A che altezza bisogna intervenire? Che faccia c’è da fare? Un casino. I petali erano lì di default. Non avevo idea che avremmo avuto dei petali.
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Tiè, torta. Noi ci abbiamo provato. E adesso che ci pensino dei professionisti.
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In realtà facciamo così anche a casa. Ogni volta che apriamo una bottiglia la alziamo al cielo ed esultiamo.
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La torta era un po’ storta, secondo me. L’importante, però, è ridersela.
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Quel topo morto che ho lì davanti è il papillon di Amore del Cuore. Non mi ricordo perché fosse lì, ma mi sentivo molto importante. Quella roba bianca e tondeggiante a circa tre metri dal suolo, invece, è il mio bouquet da lancio. Ne avevo inspiegabilmente DUE. Uno per me – che MADRE (Valchiria Fiammeggiante) ha fatto essiccare come una reliquia benedetta di Santa Rita – e uno da scagliare alle le giovani donne in età da marito presenti alla cerimonia. Se vedete una cravatta, là in mezzo, è perché un conto è l’identità di genere e un conto è l’orientamento sessuale.
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E fatevi raccontare com’è andata la festa, perché voi avrete troppi parenti da salutare.

 

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Perbacco, dopo tutto questo tempo chissà che cosa vi aspettavate. Io vorrei comunque ringraziarvi un’altra volta per averci accompagnati in questi mesi di scleri e felicità. Organizzare delle Matrimoniadi è un po’ come mandare della gente su Marte, ma con qualcuno che ha voglia di riderci un po’ su insieme a te si fa molto meglio.
Grazie, insomma. Qua ci si ama sempre molto.

 

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Insomma, fra dieci giorni mi sposo. Fra dieci giorni diventerò la signora Del Cuore. Il regno è in festa, anche se non ho la più vaga idea di che aspetto avrà la nostra torta. Anzi, non mi ricordo neanche più che cosa ho chiesto. E pensare che avevo un plico di foto sfarzosissime, biecamente stampate da Pinterest. Chissà che roba era. Me ne vergogno, ma ormai è tutto nelle mani del rubicondo pasticcere, uno che davanti al negozio ha un cartello vandalizzato con scritto “parcheggio riservato ai condom”. Sarà un successo senza precedenti. La sorpresa meglio riuscita della storia. UNA TORTA! …ma è la mia! Che figata! Ma pensa un po’!
Tra le cose importanti che mi sto dimenticando c’è anche la valigia – gigante ma versatile – per il glorioso viaggio. Devo per forza andare alla Rinascente – epicentro terrificante dell’entusiasmo da saldi – perché sono stata costretta a restituire al corner La Perla un orrendo reggiseno a fascia color carne che non ha saputo comportarsi con sufficiente incisività. A un reggiseno da mettere sotto a un corpetto non è che si chieda molto. Reggiseno, sostieni e minimizza la dispersione laterale, non è che devi applicare senza indugio il teorema di Ruffini. Niente, il reggiseno era una pataccata molliccia e sbilenca, ma ho 141 euro di buono da utilizzare per il bagaglio dei miei sogni. Com’è ovvio, mi piacciono le Samsonite che se fischi ti vengono dietro da sole, quelle con l’incantesimo levita-baule di Harry Potter.
Valigia o non valigia, però, l’acquisto coatto di un reggiseno a fascia color carne è una disgrazia che non augurerei neanche alla più spregevole delle arpie.
Nel frattempo – e  con immensa apprensione – si consultano opuscoli intitolati La messa degli sposi, nel vano tentativo di individuare due letture (più bonus-track Vangelo) in cui non ci siano femmine sottomesse che passano la giornata ad impastare pane azzimo, nel terrore di venire ripudiate. Paralizzati dallo sgomento, abbiamo deciso di puntare tutto sull’interpretazione: la lettura uno l’ha vinta il nostro amico scrittore – nonché zio principale di Ottone – che è tipo Vittorio Gassman, mentre la lettura due verrà declamata dalla mia adorata compagna dell’università che nella vita fa l’attrice.
A chiunque ci chieda qualcosa, poi, rispondiamo come risponderebbe Wolverine.

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La verità è che vorremmo starcene a casa, nudi e addormentati, mentre la nostra immaginaria assistente litiga con l’agente di Annie Leibovitz per l’organizzazione di un servizio fotografico così fantastico da far chiudere Instagram. Perché noi siamo contentissimi, nonostante la costante spossatezza. Ci saltelliamo vicendevolmente attorno lanciandoci il gatto. Produciamo gioia per osmosi. Per dire, l’altro giorno MADRE è entrata in un negozio non meglio identificato e ci ha comprato due dinosauri di ceramica. Uno è azzurro – col papillon – e uno è rosa – con un fiocco sulla coda e il culo vezzosamente per aria. MADRE, capite? La stessa donna che ha tagliato l’erba di un campo intero con UNA FORBICE. MADRE che si abbandona a un gesto di assoluta tenerezza, MADRE che acquista qualcosa di adorabile ma inutilissimo. Vuol proprio dire che stiamo facendo giusto. Annichiliti dalla commozione, abbiamo deciso di collocare i due dinosauri in cima alla torta… sempre che la torta abbia una cima. Per quel che ne so potrebbe anche essere una specie di tavolo da ping-pong ricoperto di frutta e ciuffetti di panna. Avrei dovuto chiederne una a forma di tirannosauro e buonanotte. Salve pasticcere Condom, mi fabbrichi un cucciolo di tirannosauro, realistico e tridimensionale!
Dov’è la mia carrozza.

In tutto questo, sono anche sopravvissuta con onore a un addio al nubilato. Anzi, due. Nel primo ho ricevuto in dono una confezione formato famiglia di GLORIOSI M&Ms con su Amore del Cuore – una roba che mi ha rimesso in pace con la creazione tutta, inclusi i bambini che gridano sul treno alle 8 della mattina. Nel secondo, invece, ho finalmente messo piede sulla Riviera Romagnola – tratto costiero da me mai visitato in precedenza – e ho sgallinato per due giorni con una formazione di femmine agguerritissime ma assai aggraziate. Le magliette, avevamo anche le magliette tegaminiche. E un velo! E una bacchetta magica! Ho vagato in spiaggia con un velo in testa e un bicchiere rosa che diceva SPOSA. Alle 21.54 ero già da buttare nell’umido, ma poi è finita che alle 4 e un po’ ci siamo ritrovate in macchina con questo taxista davvero sinistro che, all’improvviso, ci ha rivelato di saper parlare con la Madonna. In tutto ciò, poi, si è scoperto che la mia testimone non aveva capito che era la testimone. A quanto pare, mi sono scordata di comunicarglielo. Me lo sono deciso per i fatti miei e, felice come uno scoiattolo volante della Siberia, ho proseguito per la mia strada, uno splendido sentiero lastricato di sottintesi. L’avrò magari detto alla Madonna, vai a sapere.

Insomma, continuo ad odiare furiosamente qualsiasi genere di attività matrimonial-organizzativa, ma resisto e mi rifiuto di soccombere. Mancano dieci giorni. Il trionfo è vicino. Uno sterminato futuro di coccole ci attende. Ci terremo per mano davanti ai leoni marini di San Francisco e tenteremo caparbiamente di sopravvivere ancora per un po’ nella casa più piccola del mondo. Spazzoleremo Ottone e valuteremo l’opportunità di acquistare un’automobile. Ci metteremo circa un lustro, ma sarà comunque più agevole dei preparativi per un matrimonio. E per favore, che i vegetariani dell’ultimo minuto mi confermino che sono veramente vegetariani, che dobbiamo farvi preparare le benedette verdure sostitutive. E che nessuno si aspetti di ricevere una tonnellata di confetti celebrativi. Noi li detestiamo, i confetti. Ma adoreremo diventare una piccola famiglia.
Sono anche un po’ emozionata, in effetti.

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Ho deciso che sulle meraviglie di Venezia farò ben due post due. Uno sulla mirabile avventura a bordo di una bottiglia di Bombay Sapphire (con tanto di lezione di gin-tonic e performance artistiche a due centimetri dai miei alluci), e l’altro su Venezia come posto fascinoso e terrificante. Perché quando non hai il senso dell’orientamento, Venezia può anche ucciderti. Soprattutto quando c’è il Carnevale.
Inizierei dall’argomento gin-tonic, se non vi dispiace… che si sa, ne parlo già tantissimo di mio (intanto che ci siamo: grazie a tutti i prodi che, periodicamente, mi ricordano di mettere i ghiaccetti in freezer), figurati cosa posso tirare fuori quando mi capita una roba che si chiama The ULTIMATE Gin&Tonic Experience. ULTIMATE, come il mostro definitivo di fine livello.
Come reagire, dunque?

A. Prendere un valigino. Riempire il valigino di lustrini.

B. Balzare su un treno in direzione Venezia S. Lucia.

Sul treno ero un po’ intimorita perché tutti gli altri che venivano a fare festa al Bombay Sapphire erano giornalisti. E io, no. Io ho un blog che si chiama Tegamini. Ah-ah-ah, no, non parla di cucina, tutto tranne quello. Piacere, piacere. Tranquilli, non fate caso a me. Sto qui nel mio cantuccio. Però scusate, perché avete tutti dei valigini più piccoli del mio?
I giornalisti liofilizzano gli abiti e le scarpe. Non so come facciano, ma è così.
Poi, però, abbiamo fatto amicizia. Ci siamo anche scambiati delle maschere piene di piume. Non sono affatto minacciosi, i giornalisti, dopo un paio di bicchieri. O dopo che un taxista veneziano super spiccio ti ingiunge di salire sulla sua barchetta, te e tutti i tuoi valigini. Nessuno è salito con grazia, perché la laguna incute rispetto.

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Comunque. Mi sono messa tutta bella composta vicino a un bancone pieno zeppo di bottiglie color zaffiro (pietra amatissima dalla regina Vittoria che, meraviglia delle meraviglie, appare in tutto il suo arcigno e corpulento splendore anche sull’etichetta del benamato Bombay) e ho degustato, ascoltato e gioito dell’altrui capacità di produrre robe buone da bere.
Ho imparato moltissime cose. E la mia naturale predisposizione al gin-tonic ha finalmente trovato una valvola di sfogo piena di immaginazione. Perché uno pensa che il gin sia una roba relativamente poco complicata, ma non è vero niente. I bicchieracci dei posti dove andiamo noi mica si chiamano bicchieri-Swimming-Pool. E non c’è da inorridire, quando ti mettono tanto ghiaccio, anzi. Non è perché sono tirchi, taccagni, braccini corti e spilorcioni: un cocktail fatto bene ha bisogno di un sacco di ghiaccio, perché se ce n’è parecchio non si verificano squagliamenti e quello che ti bevi rimane uguale dall’inizio alla fine. E segnatevelo, se dovete fare una festa chic: in una serata con della gente allegra che si beve 2-3 cocktail a testa, serve un chilo di ghiaccio a persona. E noi lì, coi sacchettini di plastica. Prendete un piccone e trascinatevi in casa un iceberg.

A parte i rudimenti dell’arte COCTEILISTICA, ho anche appreso innumerevoli utili nozioni sulla composizione del vivace Bombay Sapphire, che è il gin che ti vai a comprare quando non vuoi fare la figura dei cavapietre e che ti fa anche un po’ gridare perché io valgo! quando te lo passano alla cassa. Perché è più buono, ma anche da prima che mi facessero sedere al bar del Bauer di Venezia. Tutta la bontà accade – con nostra grande soddisfazione – perché nel Bombay prosperano aromi e ingredienti di impareggiabile stranezza. Io ho i miei colleghi tra loro maritati, in ufficio, che ogni tanto saltano su con affermazioni tipo “Cielo, è finito il sale rosa dell’Himalaya! Periremo!” oppure “L’altra sera abbiamo messo sulla pasta questa varietà di cardamomo biforcuto che cresce solo tra gli zoccoli pelosi di un particolare ruminante sputacchione della cordigliera andina, il fafnirpal”. Ecco, ora so come vendicarmi. Perché il Bombay Sapphire, senti un po’, contiene i seguenti dieci aromi (gli aromi, in Bombayese, si chiamano botanicals… e io li ho visti con questi occhi, dopo aver controllato sull’atlante illustrato dove li vanno a prendere): mandorle amare e limoni dalla Spagna, liquirizia dalla remota Cina, bacche di ginepro e radice di iris dall’Italia, radici di angelica dalla Sassonia, coriandolo dal Marocco, corteccia di cassia indocinese, grani di pepe Cubebe dell’isola di Giava e Grandi del Paradiso dell’Africa Occidentale.
Cheers e tanti saluti al fafnirpal.

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Visto che ho la faccia di tolla tipica dei bambini molto piccoli, poi, mi sono offerta volontaria per un esperimento da vera barlady. Con la supervisione del pazientissimo mastro-Bombay, ho preparato il gin-tonic preferito della regina Vittoria con una perizia da neurochirurgo. Faccio un gin-tonic, ma sembro una che si sta laureando in ingegneria biomedica. Ridete pure, ma bisogna mescolarlo da sotto in su, con un bel movimento rotondo, vigoroso ma delicato. C’è anche un video, che esiste solo perché ho assaggiato tutti e venti i cocktail della degustazione…

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Per chi volesse farsi una cultura e per i vostri amici che ancora ritengono che il gin-tonic sia noioso e del tutto privo di IMAGINATION – tema della goduriosa serata – qua ci sono i cocktail che si sono inventati per noi con gli ingredientini e i nomi belli, così potete prepararveli anche per i fatti vostri e innalzare di una tacca la felicità media del mondo. E’ un agile PDF, che fa anche un casino arredamento. E non ci crederete mai, ma il gin-tonic alla camomilla ha un suo perché.

E poi?
No, perché mica è finita.
Dopo aver presidiato il bancone in dorata solitudine e tranquillità, il bar si è riempito di variopinti personaggi che volevano vedere della seria live-arte. C’era un pianoforte con Giovanni Guidi – che è un giovane prodigio galattico del nu-jazz – che suonava, improvvisando per delle mezz’ore… il cielo solo sa come. Giovanni Guidi deve avere un cervello grosso il doppio del nostro, o ce l’ha uguale a noi ma la densità dei suoi neuroni è dieci volte maggiore. E c’era una grossa lavagnona nera con Letman – che è un calligrafo olandese che mi ha pure tollerata per tutta la cena mentre mi facevo i fatti suoi, tipo “ma i muri di casa tua, poi, hai deciso di dipingerli da solo o li lasci così?” – che disegnava, scriveva e artistava a ritmo di piano. Tre sonate improvvisate e tre lavagnate, son venute fuori. E io ero molto emozionata, perché dev’essere di una difficoltà estrema farsi venire in mente il modo di riempire una roba di tre metri per due con della gente piena di piume di carnevale che ti fissa con immensa curiosità.

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Una gioia.
Alla fine, ancora discretamente salda sulle gambe, sono tornata nella mia stanza e ho preso una gran paura perché c’era la televisione che andava e le lampade accese in una maniera molto coreografica. E mi avevano anche scostato l’angolo del lenzuolo e risistemato tutti i vestiti. E avevo le pantofole messe su un tappetino vicino al letto. LA CAMERIERA PETRA ESISTE VERAMENTE. E chi lo sospettava. Visto che Amore del Cuore non aveva mie notizie dalle ore 17, poi, mi sono baldanzosamente diretta nello spazioso bagno marmoreo per inviargli una testimonianza della mia buona salute, maschera da giullare e tutto.

 

Indipendentemente dalla maschera, mi sento sempre Batman. #bombayandtonic

Una foto pubblicata da Francesca Crescentini (@tegamini) in data:

 

La risposta di Amore del Cuore è stata “METTI VIA QUELLE TETTE”.
E io le ho messe nel pigiama.
E ho messo il resto di me nel letto, sempre dentro al pigiama.
Buonanotte a Venezia. Buonanotte e molte grazie a Bombay Sapphire, che ha assecondato con impareggiabile gentilezza la grossa principessa curiosa che e in me. Buonanotte anche a Giovanni Guidi e a Letman, che spero abbiano fatto sognoni d’oro, dopo tutta quella performance complicata. E buonanotte ai giornalisti, che prendevano tutto con estrema naturalezza e tranquillità… mentre io sembravo un’orfanella di Dickens entusiasta dell’acqua calda che esce dal rubinetto.

E’ stato avventurosissimo, allegro e immensamente spassoso.
Grazie per l’accoglienza, le materne premure, le sorprese e le scoperte.
Se mi abituo è un casino, anche questa volta.

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Ebbene. Le Matrimoniadi procedono. Cioè, ho addirittura trovato il vestito. Avrò tutto. Pizzo, tulle, organza di seta, velo, coprispalle, tutto. Farò provincia. Attirerò stormi di candide colombe (opportunamente provviste di pannoloni e di spade laser anti-gabbiani), l’intera corte di Asgard precipiterà sul sagrato della chiesa surfando sul Bifrost e una carrozza trainata da dodici alpaca cotonati ci porterà dove ne abbiamo voglia. Mi piacerebbe da matti sbandierare un po’ di foto dell’adorato abito, ma non posso. Amore del Cuore è un assiduo visitatore di Tegamini, dopotutto. E poi, anche volendo ignorare la leggenda – se lo sposo vede il vestito della sposa prima del matrimonio, la sposa dovrà passare il resto dei suoi giorni con l’herpes, la pellagra, il tifo petecchiale, la depressione e una gamba di legno -, dicevo, anche volendo non potrei far vedere niente a nessuno, perché il mio papà – aizzato dalla superstiziosissima MADRE – si è categoricamente rifiutato di mandarmi i DAGHERROTIPI scattati nel mirabile atelier. Insomma, dovrete avere pazienza. Quello che mi preoccupa, sul fronte abito, è che ho cambiato pillola e le tette mi sono aumentate di volume. Ma in un mese. BAM! Non ho idea delle ripercussioni che questa faccenda avrà sul mio abito su misura di stellare sartoria, ma – alla bisogna – risolverò ogni cosa con una plateale crisi isterica tipo Abito da sposa cercasi, e buonanotte. Insomma, avrò diritto a un esaurimento-nervoso-lampo. Sono la sposa meno stracciapalle del mondo, fatemi agitare un po’, che vi costa.
Comunque, questa domenica ci siamo cimentati con la prova-catering, nel piovoso e sempretetro Piacenzashire invernale. C’eravamo noi Tegamini del Cuore, il mio papà+MADRE e Il Maurizio e La Paola, gli adorabili futuri suoceri. MADRE, dopo un millisecondo di affabilità, si è immediatamente offesa perché le ho detto che si era messa in testa una molletta che somigliava a una cozza gigante. Nonostante tutto, però, ci siamo dilettati assai. Ci hanno portato svariate tonnellate di tortelli, spassosi risotti, pezzi di carne di gran bontà e badilate di gnocco fritto col salume. Sono fiera del mio autocontrollo: quando ho mandato la mail al Signor Catering indicando quello che volevamo assaggiare, non ho scritto solo GNOCCO FRITTO E SALUMAZZO. E, col senno di poi, ho fatto bene.

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Lo so, è pessima.

Comunque. Ci sarà questo allegro buffet con le isole dei cibotti diversi, e poi si andrà tutti a tavola. MADRE – che non ama mangiare, non ama bere e, in generale, non ama la gente che si diverte – ha immediatamente devastato un’affabile cameriera con la seguente risposta:

AFFABILE CAMERIERA – Signora, per lei acqua naturale o frizzante?
MADRE – Leggermente frizzante.

A intervalli regolari, poi, qualcuno interveniva per ordinare ad Amore del Cuore di tagliarsi i baffi – in momenti del tutto incongrui:

SIGNOR CATERING – Se non volete l’isola degli stuzzichini, possiamo fare solo un po’ di bruschette al pomodoro.
IL MAURIZIO – E magari l’antipasto di pesce lo serviamo al tavolo.
SIGNOR CATERING – Esatto. E possiamo aggiungere dell’altro salume, volendo.
LA PAOLA – Sì, ma Marco deve tagliarsi i baffi.

Il mio papà ha passato buona parte del pranzo a ricordare a tutti che i nostri parenti sono in larga parte defunti, MADRE ha reso noto ai presenti che lei il burro nei tortelli non lo può tollerare e, cosa ancor più sacrilega, Amore del Cuore – ad un certo punto – ha incautamente deciso di aprire uno dei video che Ermanno, il suo ex-compagno di banco, aveva allegramente condiviso con il gruppo Whatsapp dei gagliardi compagni di classe delle superiori. In questo video c’è un pupazzo che bestemmia. Fortissimo. E senza ragione. Immaginatevi questo ristorante vuoto e immacolato, coi sottopiatti d’argento e sei bicchieri a cranio. Ci siete voi – piene di boccoli -, con i vostri genitori e i futuri suoceri. E il vostro fidanzato – in giacca, camicia immacolata e scarpe da ragazzo serio regalate dalla sottoscritta a Natale – vede un pupazzo apparentemente innocuo e schiaccia PLAY.
Pure il cuoco si è affacciato, pallido come un grembiule nella tempesta.
MADRE ha esclamato Perbacco!
Il mio papà ha commentato a tono, con un deciso E la Madonna!
Il Maurizio ha riso un sacco.
E La Paola ha ordinato a suo figlio di tagliarsi i baffi.

Insomma, video di Ermanno a parte, ci siamo divertiti e abbiamo deciso miriadi di cose utili. C’è affetto, reso ancor più sincero e fiammeggiante dalle assurdità. E, faccenda importante, alle Matrimoniadi ci sarà da mangiare. Compresa la spaghettata delle due del mattino:

TEGAMINI – Le volevamo chiedere, poi, se si poteva portare ancora qualcosa più tardi, verso fine serata.
AMORE DEL CUORE – Che si balla, magari bevono un po’ e uno spuntino ci sembrava ragionevole.
SIGNOR CATERING – Non c’è problema. Due pennette all’arrabbiata. Un’aglio e olio…
TEGAMINI – Perfetto, molto bene.
MADRE – …ma che schifo.
TEGAMINI – MADRE, te sono trent’anni che non esci di casa. Le persone si muovono, si divertono, si agitano. Ti viene fame, a un certo punto, ma anche se hai cenato. Siamo in campagna, non è che possono andare dalle Luride a farsi un panino. Facciamo portare due spaghetti, che la gente non viene mica per patire, al nostro matrimonio.
MADRE – …IABBO’.
TEGAMINI – E’ inutile, non ti si può spiegare niente. Finirai nel Girone del Kebab. Anzi, del Kebab CON TUTTO.
MADRE – Marco, ma la senti?
AMORE DEL CUORE – Eh, signora, lo so.
MADRE – …devi proprio tagliarteli, quei baffi.

Per chi si forse perso l’imprevedibile antefatto, c’è addirittura un post di pura esultanza che si chiama Charlie e la fabbrica del Martini. Per gli altri che magari non hanno voglia di risalire alle origini del mondo, sarà sufficiente sapere che il 19 settembre avevo una cena al circolo bocciofilo Caccialanza, ma poi non ci sono andata perché Vanity Fair ha deciso di donarmi un invito per il festone totale dei 150 anni della Martini, a Villa Erba sul lago di Como. Cenerentola può lucidarmi le scarpette quando le pare.

Ebbene, che diamine sarà mai accaduto?
Com’era, chi c’era, cos’è successo?
Che cosa ci abbiamo capito?
Ma soprattutto, saremo riusciti a mimetizzarci con dignità?

Benvenuti alle avventure dei Tegamini del Cuore al SUPREMO party-Martini. Ci tenevo a dirlo subito, che è stato supremo.

***

Il tutto è cominciato con noi che trascinavamo i valigini fino all’albergo. Con nostra grande sorpresa, all’albergo c’era della gente che festeggiava un matrimonio. Alle cinque di un giovedì pomeriggio. Con uno scaldapubblico chiaramente prelevato di peso da un villaggio turistico e portato lì sulle maestose pendici del lago di Como a gridare a squarciagola OLLELLE’-OLLALLA’, FACCELA VEDE’-FACCELA TOCCA’. Io ero là, col mio lapin nella custodia-sacco-da-morto e i riccioli appena fatti che non sapevo bene che cosa dire. Per fortuna, una madamigella ci ha accolti calorosamente, sospingendoci nell’ascensore fino alla nostra cameretta. E nella cameretta c’erano dei doni. E già ti senti spaventosamente figo, se non fai in tempo a levarti le scarpe che già ti hanno regalato qualcosa.

Che poi è incredibile, quanto poco tempo ci vuole a prepararsi se non abiti insieme a un gatto. Alle sette e dieci precise precise eravamo giù, tutti pieni di brillantini (io) e di farfallini (Amore del Cuore). Sulla sbodenfia terrazza dell’albergo faceva già un freddo povero, ma ero troppo contenta per ammetterlo. O meglio, contavo con tutte le mie forze sull’effetto-Capodanno: due bicchieri e tutti fuori in canottiera, anche se infuria la tormenta.
Ora, vorrei ribadire all’universo che non sono una persona fotogenica. Non solo non sono fotogenica, ma non dispongo nemmeno di un fidanzato particolarmente interessato a fotografarmi con un po’ di sensibilità e accortezza. Amore del Cuore ha moltissime ottime qualità, ma di farmi le foto non gliene frega una beata mazza. E quando me le fa è perché lo obbligo, quindi ne sforna sei di fila a caso (piedi tagliati, sfocamenti, luci che inghiottono teste e arti) e ciao. Quindi, insomma, faremo con quello che c’è e con la limitata fotogenicità che la natura mi ha concesso. A me e basta, ovviamente, perché lui è bello anche quando sbatte il mignolino in uno spigolo.


Tegamini in Vivienne Westwood Anglomania (Halton dress + Melissa pumps) and vintage MADRE clutch.
Credits: Amore del Cuore for Getty Images.
E questa, tanto per farvi capire, è la foto dell’AUTFIT più chiara che ho.

Poi è arrivato un pullman gigante e siamo partiti. Memori delle gite delle superiori, ci siamo messi in fondo. Anche perché eravamo molto imbarazzati e non ci è venuto da fraternizzare con l’altra gente che era tutta affiatatissima e batti un cinque, ciao grandissimo e col cavolo che alle 9 e mezza domani mattina vado a vedere Blumarine. Ecco, spaventati ma baldanzosi (e con mezzo colletto fuori), abbiamo deciso di immortalare il momento con un video inutile ma dolce. O almeno credo.

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Villa Erba è un luogo favolosamente meraviglioso. C’era tutta questa super passerella scarlatta con le macchine da corsa, le luci, dei rampicanti ordinatissimi, la gente che ti rincorreva lateralmente sul lato per capire se eri famoso per davvero o se ti eri soltanto vestito abbastanza bene da suscitare il sospetto, ghiaietta perfettamente calpestabile, il tramonto rosa-pesca, insomma, arrivavi ed eri già contento di stare al mondo.

All’ingresso, sotto a un milione di bolle di cristallo che penzolavano dal soffitto, dei gentili signori ci hanno graziosamente cacciato in mano un bicchiere di RUAIAL e niente, l’abbiamo considerato come un “bene, giovani, andate con Dio. Qui davanti c’è la sala con il pianoforte e le luci interessanti, laggiù c’è il salotto con gli specchi, ai lati ci sono i bar. A destra c’è il bar simil-metropoli-sfarzosa, mentre a sinistra c’è il bar da Don Draper con le poltrone di pelle e il caminetto. Uscite in terrazza, mi raccomando. Vedrete bene il palcoscenico galleggiante, l’orchestra e i giardini. Abbiamo fatto in modo che, da qualunque punto della villa, la distanza tra voi e un barman campione del mondo nella categoria Cocktail Spettacolari sia al massimo di sei metri. Buon divertimento”.
Cheers, buon uomo.

Se volete vedervi delle foto serie della LOCHESCION, c’è anche l’album di Martini, visto che è praticamente impossibile maneggiare un attrezzo in grado di immortalare l’ambiente con una maledetta POSCETT in una mano e un bicchiere nell’altra. Ad un certo punto abbiamo scoperto un sontuoso buffet e non mi sono potuta alimentare degnamente perché avevo finito gli arti. Escludendo categoricamente di potermi privare del bicchiere, avrei anche gettato la borsa nel lago, se solo non fosse stata una borsa appartenuta a MADRE, in un lontano passato di cui poco so e ancor meno voglio sapere. “Amore del Cuore, prendi un po’ di grana, te ne prego, mi farei un piattino, ma con che cosa lo tengo! Il barman di Don Draper ci ha messo dieci minuti a prepararmi questa divina bevanda, non posso mica piantarla lì, sarebbe offensivo, non siamo mica in Colonne!”

 

Grazie al cielo, però, qualche genio del party-planning ha pensato anche alla gente come me. Gente non mangia in piedi, gente che s’impiccia ai buffet e che ha l’atavico bisogno di appoggiare i propri oggetti su altri oggetti. Così, felici come pasticcini, ci siamo seduti sotto a questi alberi giganteschi sopra a dei cubi rossi fosforescenti – che secondo me volevano essere grossi ghiaccetti – e abbiamo atteso fiduciosamente l’arrivo di un gentile signore con dei regali garganelli ai gamberi, noi e il nostro piattino.

E mentre lottavamo con la borsetta e ci divertivamo sotto agli alberi tutti illuminati, c’era l’Orchestra Italiana del Cinema che suonava le colonnone sonore arroganti e, dentro la villa, c’era anche un uomo dietro a una tenda (contrassegnata da un cartello con un grosso “?”) che preparava bastoncioni di zucchero filato ai coraggiosi che osavano avventurarsi nell’ignoto. Il perché fosse dietro a una tenda non mi è chiaro, ma credo si sia fatto delle gran risate.

TEGAMINI – Zucchero Filato Man, are you ok? Here, all alone…
ZFM – I’m good, I’m good. Don’t worry.
TEGAMINI – Ok, then. We’ll be back, so you don’t get lonely.
ZFM – Thanks guys, see you later!

Ma il dialogo definitivo l’ha prodotto Amore del Cuore. Prima, però, c’è stato l’adorabile LAIV di Lily Allen, che ha fatto qualche canzone fluttuando su un assurdo palco galleggiante delle meraviglie scusandosi moltissimo perché “I’ve got a chest infection and tonight my voice is horrible”. Mica vero, madamigella Lily, io ero contentissima. E nei pressi del divanone-terrazzato dove avevo preso la residenza cantavo solo io. O forse non bisogna cantare, quando si è ricchi e famosi e si va a una festa? Temo non lo scopriremo mai. Comunque, poi è successo tutto un brindisi generale con Federico Russo che incitava ad agitare per aria i calici insieme ad amministratori delegati e fondatori della Bacardi. Voi non lo sapete, ma Mr Bacardi esiste davvero. E’ un pacioso signore di nome Facundo Bacardi, uno che al lavoro credo abbia la seguente mail: MRBACARDI@BACARDI.WORLD.
Ma cosa stavamo dicendo… il dialogo vincitore della serata è stato quello tra Amore del Cuore e Joseph Fiennes.

TEGAMINI – Amore del Cuore! Guarda che quello lì che hai davanti, seduto sul tavolino, quello lì secondo me è Joseph Fiennes.
AMORE DEL CUORE – Ma va là.
TEGAMINI – E’ lui, è lui! Quello del Nemico alle porte! Quello mega geloso di Vasilij Zajcev perché Zajcev si trombava Rachel Weisz, quella della Mummia, e lui no. Ha fatto anche Shakespeare in Love! E’ più bello adesso, però… sì, sì, è lui.
AMORE DEL CUORE – E chiediglielo, no?
TEGAMINI – L’ultima volta che ho parlato con una celebrity è stato terribile. Ho chiesto a Jonathan Franzen se gli potevo fare una foto, così la twittavamo con l’account della casa editrice. Ho parlato di Twitter. A Franzen.
AMORE DEL CUORE – Cristo!
(Tegamini si volta un secondo per soffiarsi rumorosamente il naso in un volgare fazzoletto di carta. Quando si ricompone, la scena è la seguente):
AMORE DEL CUORE – Excuse me, are you an actor?
JOSEPH FIENNES – Yes.
AMORE DEL CUORE – You played against Jude Law in The Enemy At the Gates, right?
JOSEPH FIENNES – Yes.
AMORE DEL CUORE – Because I didn’t think it was you, but my girlfriend was sure.
JOSEPH FIENNES – She won.
TEGAMINI – Awesome! …sorry if we bothered you, have a good night.
AMORE DEL CUORE – Sono stato bravissimo!
TEGAMINI – Grazie al cielo. Ora possiamo dire di non aver visto soltanto Melissa Satta, di famosi.

Ecco, questo qui vestito come un pistacchio gigante è Mark Ronson. Che io scusate molto ma non sapevo chi era (e anche adesso non ho proprio le idee chiarissime). Comunque, Mark Ronson ci ha fatto ballare. E noi abbiamo danzato al meglio delle nostre capacità, in mezzo a gioconi di luce super strabilianti e lampeggiosi. Per la contentezza mi sono scelleratamente tolta le mollette dai capelli trasformandomi in un incrocio tra Jem e Chewbacca.

E poi?
E poi è arrivata la carrozza per portarci a nanna, prima che ci trasformassimo in zucche lì davanti a tutti. Io il red carpet l’ho fatto alla fine, con le luci un po’ spente e manco più un cane a dirmi dove dovevo andare. Mi sembrava più appropriato. Avessi avuto un panino con la coppa l’avrei incluso nello storico ritratto. E’ stato mirabile, e anche davvero surreale. Gente che ti apre la porta quando vai in bagno e rimane lì fuori per sincerarsi che nulla di male ti stia capitando. Cubetti di ghiaccio che non sono cubetti di ghiaccio, sono ICEBERG picconati via da blocchi di ghiaccio ancora più grossi, tutti accatastati in giro. Bicchieri che, ve lo giuro, pesano sette etti. Gente con lo strascico. Gente che si scusa perché il UISCHI che sta per versare nel tuo cocktail è invecchiato solo 14 anni e non 18 perché quello da 18 è finito. Persone incapaci di avere male ai piedi. Io non ci sono mica abituata, ai comitati di benvenuto che mi salutano con calore ogni volta che entro in una stanza. E quando chiedevo un ROYALE mi veniva voglia di dire “un RUAIAL CON FROMASG, grazie”. Però, dalla faccia fluttuante e felicemente smarrita che sono riuscita a fare qua sotto (un’altra grande prova fotografica per Amore del Cuore), secondo me mi sono divertita sul serio.

Grazie, allora.
Grazie a Martini per l’ospitalità e per il corso accelerato di sfarzo. E grazie a Vanity Fair per avermici mandato senza un perché.
Ma soprattutto, gloria e onore allo Zucchero Filato Man! Solitario e indomito! Brinderemo a te coi bicchierazzi che ci hanno regalato… e non ti dimenticheremo mai.

***

Bonus-track
Tegamini feat.MADRE

TEGAMINI – Eh, stasera vado alla festa.
MADRE – Mi raccomando, NON BERE!
TEGAMINI – MADRE, ma di cosa stiamo parlando. Vado alla festa del Martini, non vado mica a un compleanno di quinta elementare! Mi cacciano fuori, se non bevo niente.
MADRE – NON BERE!
TEGAMINI – Berrò responsabilmente. Per onorare l’ospitalità che mi verrà dimostrata. Perché sono educata. Perché sei tu che mi hai cresciuta così, posata e a modo.
MADRE – …smettila di prendermi per il culo. E stai attenta, con la mia borsetta.

 

L’altro giorno ero in ufficio con la muffa che mi cresceva da tutte le parti. Muffa, con contorno di licheni e disperata stanchezza. Occhiaie a forma di amaca, a grandezza naturale. Smalto sbeccato. Nostalgia del gatto. E male a un mignolino del piede. Insomma, una giornata triste e inutile.
Poi niente, guardo un attimo su Twitter e mi casca l’occhio su questa cosa di Vanity Fair. Ohilà, vuoi venire al glorioso party per i 150 anni di Martini, sul lago di Como? Molto bene, cari lettori, mandateci una mail e spiegateci perché vi ci dovremmo mandare… e doneremo l’ambito biglietto a della gente a nostra scelta (o almeno credo).
Fondamentalmente, alla redazione online di Vanity Fair ho detto che agli open bar mi comporto con la grazia di una dama pietroburghese e che, all’occorrenza, sapevo già cosa mettermi (si ipotizzava un virtuoso riciclo di quanto faticosamente acquistato durante le Vestitiadi), che mi sembrava una roba carina da dire. È come quando chiedi a qualcuno di poter portare un amico a una festa e poi questo qua arriva con una felpa fatta con la fodera di un divano della DDR, le ciabatte dell’Adidas con le rigone bianche e blu e un pacco di quelle diafane patatine a nuvoletta, quelle che nessuno mangia perché sanno di polistirolo e anemia. Cioè, lo scemo è comunque lui, ma anche te che te lo sei tirato dietro non è che ci fai la figura dell’anno.
Comunque. Ho mandato la mia mail e ciao, sono tornata alle emozioni travolgenti della mia giornata.
Il giorno dopo, però, è accaduto qualcosa di sconvolgente e inaspettato, uno sfavillante prodigio, un rocambolesco colpo di scena, un miracolo scaturito per direttissima dagli zoccoli rosa della Pony Madonnina.


My Little Mary (SoasigChamaillard, Apparitions)

Insomma, mi ha telefonato questa gentile madamigella della Martini e mi ha detto che Vanity Fair aveva avuto il coraggio di invitarmi alla festa. Giovedì 19 settembre a villa Erba, a Cernobbio-Naboo, il luogo in cui la principessa Amidala e un Anakin Skywalker non ancora malvagio, mutilato e afono si giurarono eterno amore, arrossendo moltissimo.
Che storia.
Che storia!
In pratica sono stata benedetta con un Golden Ticket. E al posto del cioccolato c’è il Martini. Una cascata di Martini, magari, che se ce l’aveva Willy Wonka, la cascata, vuoi che non ce l’abbiano loro, gente che abbevera James Bond da tempo immemore?
Grande Giove!
Anzi, EPIC WIN!
Apple-tini!
Olive galleggianti!
E pensare che quella sera lì dovevo andare a cena alla Bocciofila Caccialanza!

L’euforia ha lasciato ben presto il posto all’atavico terrore della nudità.
E va bene, nessuno dei personaggi in cui mi imbatterò su Naboo mi avrà mai vista col vestito delle Vestitiadi – sono una strenua sostenitrice del principio “se non ti toccherà incontrare la medesima gente, vestirsi allo stesso modo per due giorni di fila è cosa buona e giusta” – ma cosa vogliamo fare, vogliamo rinunciare a sogni, ambizioni e unicorni elegantissimi senza combattere nemmeno un po’? Per tutti i samovar, non sia mai!, come direbbe ogni dama pietroburghese che si rispetti.
E così, contenta ma atterrita, ho camminato come un’imbecille da Porta Genova a Piazza San Babila – la mia tradizionale via crucis – senza trovare una beata My Little Mary di niente. Anzi, mi sono pure imbattuta in una manifestazione di ragazzine che vagavano per Corso Vittorio Emanuele gridando in coro il nome di Justin Bieber. Erano tantissime. Vedi quelle ragazzine lì e ti viene voglia di non riprodurti mai, altroché guerre, carestie e mondo cattivo, difficile e oscuro. Poi niente, per tornare a casa mia c’è da fare Corso Venezia e che sarà mai, davanti a Vivienne Westwood ci devo passare comunque, vuoi non andare dentro per un corroborante giro turistico?
Solo che poi è finita così.


Mi manca la borsetta, ma sono quasi pronta. Quel che posso dire, prima di sommergervi di foterie della festa – voglio fare anche un casino di video felici – è che tutto l’AUTFIT sarà più o meno in tinta con questa magnifica gallina:

(gallina fotografata da Tamara Staples per il suo The Magnificent Chicken)

Ora ho l’ansia perché mi è arrivato il programma – e tra gli altri, suonerà una delle mie cantanti del super cuore, emozionona! -, so dove mi ospiteranno per la nanna e i preparativi – perbacco! – ma l’invito di carta non è ancora giunto. Ho detto, pubblichiamo il post dopo che mi è arrivato l’invito di carta, che non si sa mai, metti che ho immaginato tutto o che si sono sbagliati, che è una gigantesca candid-camera o un complesso scherzone tipo quello dei film americani coi ragazzini del liceo, la tipica situazione del giocatore di football figherrimo che va dalla più deforme della scuola e la invita al ballo di fine anno, solo che quando lei esce di casa, pronta per farsi portare al ballo dal ragazzo dei sogni, il ragazzo dei sogni passa in limousine limonando con la capo-cheerleader e, visto che è uno sportivo dotato di strabilianti qualità di coordinazione, riesce a colpire la povera ragazza deforme con un gavettone di sangue di maiale senza mai smettere di limonare la capo-cheerleader.
Ecco, io questo lo vorrei evitare, ma sono proprio troppo contenta per stare lì zitta zitta. E poi mi sembrava bello ringraziare Vanity Fair. Grazie, Vanity Fair. E grazie pure a Martini. E saluti anche all’adorabile Cesare, che mi ha vestita da Dame Vivienne con estrema pazienza e dedizione.

Diamine, sono contenta come una crostatina.

Cheers!

 

A casa mia c’era snobismo, quindi non si aspettava Babbo Natale ma avevamo Santa Lucia, una portatrice di regali di nicchia. E io credevo a Santa Lucia con una fervida, incrollabile e cieca fede, cieca almeno quanto lei.

Fondamentalmente, ci credevo così tanto perchè non avevo ben chiari i meccanismi dell’economia di mercato. Esempio lampante: ero una bambina convinta che il bancomat regalasse i soldi, ma allo stesso tempo non riuscivo a dare un valore a quello che c’era nei negozi, che mi sembrava assolutamente fuori dalla nostra portata. Di conseguenza, non era plausibile che ricevessi tutti quei giocattoli in una botta sola senza un aiuto sovrannatural-divino… tutti quei giocattoli avrebbero rovinato noi e la nostra discendenza, rendendo arida la terra, sterili gli armenti e secche le fonti.
Il fatto è che il denaro mi trascinava nella più assoluta confusione.