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Fabio Volo

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Sposarsi dovrebbe essere un’esperienza gioiosa, rilassante e amena. Una sposa contenta dovrebbe svegliarsi alle 11, mettersi i cetriolini sugli occhi e affidarsi all’indiscutibile saggezza di decine di minuscole fate glitterate che ti smaltano le unghie, ti arricciano i capelli e ti sistemano il velo, in un tripudio di fiori freschi e bestioline che trillano. E poi niente, la sposa contenta arriva in chiesa – abbagliando i presenti con il biancore della sua candida e riposatissima carnagione – e via, baci, abbracci, amore che trionfa e festa in qualche luogo ben addobbato e splendidamente illuminato dalla romantica luce delle candele. Una bella giornata, col sole, un sacco di persone che ti ispirano affetto e simpatia, solenni momenti di commozione, sopracciglia impeccabili, risate e neanche un po’ di mal di piedi.
E tutto questo splendore è molto probabile che si verifichi davvero – anzi, ne ho l’assoluta certezza -, solo che bisogna sopravvivere a quello che capita prima. Perché organizzare un matrimonio è orribile. Orribile, a tratti umiliante e, in generale, assolutamente esasperante. Ora capisco perfettamente a che cosa servono i wedding planner… capisco la necessità e l’inestimabile valore della loro professione ma, perdonatemi, non riuscirò mai e poi mai comprendere chi diamine glielo faccia fare. Pensateci: una vita a organizzare matrimoni. Degli altri, poi. Wedding planner, ma perché vi piace? Che ci trovate? Insegnatemi a tirare avanti fino al 19 di luglio. Spiegatemi come arrivarci con la leggiadria e la maestosa tranquillità di un monarca assoluto.
Perché bisogna porsi dei problemi assurdi. Bisogna sprecare delle mezz’ore della propria vita a discutere di cose che non ti interessano e che manco dovrebbero entrarci, nella tua orbita cognitiva. Mezz’ore a parlare di menate. Coi parenti, con gli addetti ai lavori, con gli amici che – teneramente e senza sapere cosa rischiano di scatenare – fanno l’errore di chiederti come procedono i preparativi. Menate insopportabili, sbattimenti, problemi che non hanno senso.
Tipo, non lo so, la passatoia della chiesa. 
La passatoia della chiesa è quel tappeto che ricopre la navata centrale, dall’entrata fino all’altare. Ogni chiesa ha una sua passatoia d’ordinanza, che – da quanto ho capito – viene srotolata alla bisogna durante particolari giornate di festa. M’immagino che la passatoia venga fatta ruzzolare sulle piastrelle della Casa del Signore per prime comunioni, battesimi, cresimi e riti di natura collettiva. Ebbene, chi se ne importa, della passatoia della chiesa. E invece no. Perché, se ti sposi in una determinata chiesa, dovrai sincerarti del colore e della composizione organolettico-tessile della suddetta passatoia della malora e, in base a queste caratteristiche cromatiche e strutturali, dovrai stabilire se il diamine di tappeto del cavolo SI INTONA ai fiori con cui intendi addobbare la chiesa. I fiori. Che fiori? Dovete deciderlo voi. Vi presenterete di fronte a una professionista dell’allestimento e dell’addobbo che vi chiederà “Francesca, che cosa aveva in mente? Su quali tinte pensava di orientarsi? Che fiori intendeva utilizzare?”. E io che ne so. So identificare otto tipi di fiori: margherite, tulipani, ciclamini, viole, papaveri, orchidee, rose e mimose. Otto, va bene? Mi verrebbe anche da aggiungere CACTUS, ma non credo sia pertinente. Io non ho idea di quali siano le consuetudini e gli standard in fatto di addobbi per cerimonie e vasti ricevimenti. Non so che aspetto abbia una peonia. Non so quanto è grande, quando cresce spontaneamente e quando devi comprarla surgelata, non so quanto costa e non so neanche perché è necessario darle tutta questa importanza. Ma non c’è un catalogo fotografico? Allestimento chiesa, sbam, 10 possibilità. Centrotavola, sbam, 15 possibilità. Bouquet, sbam, 22 possibilità. Con le foto, i nomi dei vegetali coinvolti, le varianti decorative possibili e le implicazioni economiche. Mica che ti devi sedere lì a sfogliare album fotografici – realizzati con uno spregiudicato utilizzo del flash – delle chiese altrui. Di abbazie, addirittura. Di cattedrali che speri di non dover mai visitare nella vita. Bisogna decidere cosa mettere SOPRA l’altare, ai LATI dell’altare e AI PIEDI dell’altare. Bisogna decidere con quale frequenza distribuire degli assurdi mazzetti di fiori e nastri sulle panche. Panca fiorita – panca – panca fiorita – panca. O panca fiorita – panca fiorita – panca fiorita – panca fiorita. O una sì e due no. O nessuna, ma se non addobbi manco una panca poi fai la figura del pezzente. Ebbene, solo dopo aver pensato a tutte queste cose, avrete il diritto di occuparvi veramente della passatoia della chiesa. La vorrete simile alla peonia – anche se non sapete com’è, la stramaledetta peonia – e, proprio quando vi sembrerà di esservi finalmente levate dai coglioni una delle settecento scemenze che contribuiranno alla buona riuscita del vostro matrimonio – almeno dal punto di vista strettamente estetico -, vostra MADRE introdurrà l’ennesima incognita immotivata. “Ma Francesca, guarda che io l’ho vista la passatoia della chiesa, è molto bella. Le piastrelle sono di cotto e l’altare è tutto di marmo. La passatoia è rossa, arabescata. Al Don piace molto la sua passatoia, io userei quello che abbiamo già, no?”. “MADRE, io entrerò in chiesa, darò fuoco alla passatoia e arriverò all’altare camminando tra le fiamme. Darò fuoco alla passatoia per il bene della prossima sposa che dovrà porsi il medesimo problema, così farà come ne ha voglia, visto che non esisterà più una resident-passatoia con la quale confrontarsi. Ancora non lo può sapere, questa sposa, ma mi ringrazierà. Come io ringrazierò il Don e gli dirò rispettosamente che la sua spelacchiata passatoia vecchia, che la usa ai funerali e per la Lavanda dei Piedi, se la può pure mettere in saccoccia, se non vuole che gliela mandi in orbita insieme a tutte le peonie del continente”.
SANTISSIMO IL CIELO.
L’allestitrice, prima di rivelarvi quanti soldi vuole e come è più opportuno procedere, vorrà visitare la chiesa insieme a voi. Idem per la villa dove si svolgerà il vostro ricevimento. Perché per capire come illuminare il giardino dove cenerete, bisogna capire com’è il giardino di sera. UN GIARDINO DOVE HA GIA’ ORGANIZZATO CIRCA VENTISEI FESTE. Vogliamo usare il riflettore sull’albero? Cielo, potrebbe essere troppo violento, tipo San Siro. Vogliamo mettere candele e lanterne? Visto che è molto grande, bisognerà scegliere dove concentrare lanterne e candele, che non possiamo mica sparpagliare lumicini a casaccio. Anche sui tavoli, oltre alle composizioni floreali, bisognerà sistemare dei punti luce. Vogliamo le candele dentro a dei vasi? Vasi tondi? Vasi quadrati? Vasi ottagonali? VASI A FORMA DI MADONNA, va bene? VASI! FACCIAMO DEI FALO’, CON LE OSSA DEI NOSTRI NEMICI, maledizione.
Ed è così che passerete i vostri sabati a vagare per la provincia di Piacenza parlando di cose che non conoscete e cercando di quantificare i metri di pizzo che vi serviranno per infiocchettare le bomboniere, sempre che si voglia usare del pizzo, perché si potrebbe optare per raso, cotone, cordino, tulle, organza o CAPPI DA PATIBOLO. Dovrete trovare il modo di presentarvi alla villa di sera, possibilmente in un giorno infrasettimanale, magari quello successivo all’incontro-cinema del corso prematrimoniale, dove vi faranno vedere Casomai con Fabio Volo e Stefania Rocca – con tanto di dibattito finale sul significato della responsabilità e dell’importanza della comunità. Ma perbacco, ma proponimi qualcosa che non mi faccia patire, qualcosa dove l’espediente narrativo del “tutto quello che hai visto in questi 3/4 di film in realtà non è vero” non ti faccia venir voglia di alzarti in piedi e invocare il Cavaliere Senza Testa. Qualcosa che non coinvolga Fabio Volo. Fammi vedere The Family Man, cazzo. No, guardiamo una tragedia costellata di tradimenti, amici malvagi, neonati che ti annientano, aborti e lunghi silenzi. Avevate l’aria un po’ troppo spensierata, o giovani sposi, ma ricordate: la vita è sofferenza. E invece LA VITA E’ NICOLAS CAGE CHE TI AMA ANCHE SE GLI MANGI L’ULTIMO PEZZO DI TORTA. Va bene?
E’ per questi – e altri innumerevoli motivi – che ho deciso di evocare Cthulhu per affidargli il resto dei preparativi del mio matrimonio. Non tutto quanto, sia chiaro. Voglio che Cthulhu si occupi delle cose più demenziali, perché è lì che ci si impantana nell’indecisione e nel tentennamento. Cthulhu mica esita o rallenta. Lui è fatto così. Emergerà dall’abisso e deciderà i miei centrotavola. Se qualcuno, nel processo, dovrà essere sacrificato, Cthulhu provvederà di conseguenza. E io potrò serenamente trovare una persona che mi trucchi, finire di pensare alla mia acconciatura, accompagnare Amore del Cuore a provare un bel completo, fare un post per parlare del viaggio di nozze – che il mini-sito dell’agenzia diciamo che informa, ma non convince -, cercare una macchina fotografica o un qualche altro aggeggio per documentare tutte le cose meravigliose che ci accadranno, occuparmi di quello che si stampa – perché credo di essermi imbattuta in una piccola tipografa molto speciale – e trovare il modo di trasformare le menate in qualcosa di istruttivo e piacevole. Che aspettiamo allora? Non c’è un minuto da perdere: prendiamoci per mano ed evochiamo Cthulhu, con convinzione e autentica fiducia. Perché Cthulhu è il mio wedding planner. E nulla potrà più ostacolarci.

Ph’nglui mglw’nafh Cthulhu R’lyeh wgah’nagl fhtagn!

Ph’nglui mglw’nafh Cthulhu R’lyeh wgah’nagl fhtagn!

Ph’nglui mglw’nafh Cthulhu R’lyeh wgah’nagl fhtagn!

Ph’nglui mglw’nafh Cthulhu R’lyeh wgah’nagl fhtagn!

Che cavolo.