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Ci sono momenti in cui sentiamo il bisogno di veder trionfare la giustizia. Ma con enfasi. Con incisività. Con clamore.Non sto parlando di condanne agli arresti domiciliari in una villa sontuosa. Sto parlando della luminosa e selvaggia gioia che si prova quando il cattivo muore – possibilmente soffrendo – in una qualsiasi opera di fantasia prodotta dall’ingegno umano.

Escludendo i vegani in odore di santità e i personaggi pubblici con uffici stampa particolarmente puritani, la gente di ogni latitudine ambisce alla coltivazione del disdicevole sentimento della vendetta, come forza capace di riequilibrare il cosmo. Non c’è da andarne fieri, per carità, ma ci sono ben poche cose spontanee di cui vantarsi in giro. Insomma, in questa faglia – piena di smottamenti e pietre che rotolano – che separa quello che sarebbe educato pensare e quello che, invece, ci sgorga puro ed incandescente dal cuore, a metterci una pezza sono da sempre accorse le arti.
I libri, i fumetti, i film – e il resto di quello che è bello ma finto – ci forniscono efficacissimi stratagemmi per rallegrarci delle disgrazie altrui senza che arrivi un capo Scout a dirci che siamo dei mostri. Dobbiamo ammettere che, di tanto in tanto, abbiamo bisogno di qualcuno che impali la strega Ursula con la prua acuminata di una nave. È importante che Edward trafigga coi forbicioni l’ignorantissimo fidanzato di Winona Rider. L’imperatore Palpatine non può passarla liscia, deve arrivare uno che lo solleva di peso e lo scaraventa giù dalla passerella, perché se lo merita, santo cielo, ha soggiogato la galassia per decenni, ha rovinato la vita di Anakin Skywalker, ha contribuito a spettinare la principessa Leia… ci deve finire, giù per quel pozzo, poche balle.
Bene.
Tra gli eroi dispensatori di giustizia, numerosi come le stelle del cielo, capita, ogni tanto, che si verifichino disdicevoli episodi d’immeritato oblio. Perchè Iron Man sarà anche un fenomeno, ma nessuno è ancora riuscito a riportare ordine sulla bilancia del karma con la sublime efficacia dimostrata dal dimenticatissimo dilofosauro di Jurassic Park.

Come certamente ricorderete, l’unico personaggio da disprezzare con autentico e funesto sdegno era Dennis Nedry, programmatore panzone, incaricato di sottrarre con l’inganno gli embrioni dei dinosauri e di fuggire, dopo aver mandato a puttane l’intero sistema di sicurezza e controllo del parco. Detestato sin dalla prima scena dal sempre affabile Samuel L. Jackson – e giustamente -, l’avido contrabbandiere avrebbe meritato ogni male anche se non fosse stato prescelto come unico e autentico cattivo del film. Il signor Hammond, ideatore e finanziatore di tutto il baraccone era, in fondo, animato dalle buone intenzioni dei sognatori ed evidentemente incapace di prevedere la devastazione che si sarebbe abbattuta sull’isola tutta intera. Ed era anche un po’ rincoglionito, oltre che bonario sognatore, valà.
Quindi, se ben ci pensiamo, è tutta colpa di Nedry.
Dalla prima all’ultima disgrazia.
È Nedry che spegne i recinti, uccide i telefoni, spalanca le porte, ferma le macchine e rapisce i dinosaurini in provetta. Dalle sue scellerate azioni – a scopo di lucro, per altro – scaturiscono sfighe colossali: i velociraptor fuggono – mettendoci ansia a ripetizione -, i tirannosauri mangiano la gente, i grossi erbivori abbattono le piante, bambini finiscono sulle cime degli alberi, i gallimimus vengono azzannati e nessuno pensa al triceratopo col cagotto, ancora convalescente dopo l’intervento della dottoressa Sattler.

Subdolo e unto, Nedry approfitta dello scompiglio per darsi alla fuga col malloppo – ficcato in una latta di schiuma da barba refrigerata, perché è avanti -, senza incontrare la minima resistenza. Nessun ostacolo, nessuno che si fosse accorto di quant’era stronzo, nessuno che facesse caso a lui. Capire se Nedry fosse un genio del crimine o se fosse solo un delinquente di bassa lega circondato da babbei non è al momento rilevante. Quel che ci interessa è ben altro, perché qualcuno, nel folto della foresta, aveva capito… ed era pronto a fare giustizia.
Il dilofosauro, diamine.
Il dilofosauro è un fenomeno, è come un ninja col premio Nobel
.
Coraggioso e indomito, si fa trovare al posto giusto nel momento giusto… e non per caso: il dilofosauro sapeva che Nedry si sarebbe impantanato proprio là e sapeva pure che ci sarebbe stata una violentissima tempesta tropicale. Ma che dico, il dilofosauro ha provocato la tempesta tropicale, senza spiegarci come, perchè non potremmo in ogni caso capire. Dimostrando uno spiccato senso del teatro, poi, il nostro eroe appare per la prima volta quando si tratta di fare sul serio – comodi gli altri, con la capretta lì pronta per essere mangiata – e, puntuale come una maledizione, svolge con impareggiabile perizia la seguente sequenza di attività:

– ingannare e raggirare il malvagio (apparendo tenero e totalmente innocuo)
– terrorizzare all’improvviso, su più livelli percettivi (visivamente e sonoramente)
– sputazzare roba velenosa e acida in faccia al malvagio (schifo totale più immenso dolore)
– scomparire in silenzio
– osservare con compostezza mentre il malvagio si dibatte cieco nel fango
– osservare con compostezza (questa volta anche un po’ divertita) il malvagio che per un commovente attimo culla l’illusione della salvezza
–  ricomparire dove nessuno s’aspettava
– divorare con inaudita ferocia e stridore di denti il malvagio accecato

Bellissimo. Elegante. Tattico. Il dilofosauro è un maestro.
È l’eroe che spazza via il male, mettendoci la cattiveria che ci metteremmo noi se solo fossimo indignati dinosauri fittizi. Quando ogni speranza è persa, quando la luce è lontana e l’equilibrio karmico è sfasciato e pericolante, il dilofosauro ci salva, fiammeggiando nell’oscurità. Vota DILOFOSAURO, per un mondo finalmente giusto!