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assurdità

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Il mondo potrebbe essere bellissimo.
E invece è pavido e palloso.
Il mondo potrebbe essere confortevole e variopinto.
E invece è pieno di mutande che ti vanno a finire in mezzo alle chiappe.
Vivere è una meraviglia, in teoria. E’ che ci sono dei problemi, spesso e volentieri. Problemi, ostacoli e convenzioni sociali di rara imbecillità. Menate, vicini di casa impiccioni e buona creanza. Gente che sale sul tram senza darti il tempo di scendere. Standard cultural-comportamentali, fumose norme sul decoro e la dignità, completi da consulente pendolare e costrutti artificiosi privi di anima che, tanto per fare un esempio, non consentono a un essere umano adulto di affrontare la giornata indossando una tutina zoomorfa in morbido pile cinigliato. Con la coda, dove serve. Con la coda, il cappuccio e delle grosse orecchie simpatiche.

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I Kigu, gente, la più fantastica invenzione dell’umanità, il punto più alto della nostra parabola evoluzionistica! Siamo andati sulla Luna… e, se mai andremo su Marte, sbarcheremo sul rossiccio suolo alieno con una Kigu-tutina, se mai debelleremo la fame, gli stenti e le zanzare, se mai capiremo dov’è veramente il Molise e troveremo il modo di coesistere in pace, ebbene, lo faremo indossando un Kigu. Rovesciare le dittature, spazzar via i pregiudizi, fare film degni dei libri, mangiare senza sporcarsi, sconfiggere la placca, capire l’arte moderna e mettersi il mascara conservando un’espressione intelligente. Tutto questo potrebbe accadere, se solo avessimo un soffice Kigu!
Come ho fatto a sopravvivere fino a questo momento, senza aver mai sentito parlare dei Kigu? Vegetavo nell’oscurità e nel tormento, ma ora ho visto la luce!

Insomma. I Kigu vengono da questo sito/azienda/fabbrichetta/nobilissima impresa britannica che, nel 2009, ha deciso di provare a diffondere i kigurumi fuori dall’Asia, perché pure il resto dell’umanità li meritava. I kigurumi esistono in Giappone – E DOVE ALTRIMENTI – da decenni e, letteralmente, la parola kigurumi vuol dire una roba tipo “costume da animale”.  Il sito dei Kigu è pieno zeppo di persone come me e voi che vanno in giro vestite da panda rosso o da scoiattolo volante. Così, senza una preoccupazione al mondo. Ora, io non so che scusa abbiano usato questi personaggi qui – ho perso una scommessa! È il mio addio al celibato! Una devastante dermatite mi impedisce di indossare indumenti attillati! -, ma non posso che invidiarli ferocemente. Sono lì, che fanno la spesa con su un Kigu a draghetto, e sono contenti. Sorrisi di totale appagamento. Gioia. Sport invernali e gufini con le ali.

E chi li ammazza.
Ma soprattutto, perché noialtri no? Bisogna adottare una strategia tipo Progetto-Mayhem. Prima ci troviamo in un po’ di gente in cantina, a casa di qualcuno, tutti con su un bel Kigu. Pian piano, poi, Tyler Kigu comincerà ad assegnare dei compiti: regala un Kigu a uno sconosciuto. Ruba i vestiti alla gente in palestra e riempi gli armadietti di Kigu. Ingolfa Tumblr di Kigu-gif. Caccia George Clooney dentro a un Kigu (si sa, l’ENDORSMENT delle SELEBRITIES è importante). Cosa di assoluta importanza, poi, è far capire alla popolazione mondiale che un Kigu non è poi molto più strano di quello che si mette Anna Dello Russo anche solo per portare il cane a fare la cacca. O per affrontare i rigori dell’inverno. Dai, di cosa stiamo parlando. Col Kigu almeno non brini, il 26 di gennaio. E puoi comunque metterti in posa come una bestiolona sexy che sta sempre in braccio ad Anna Wintour alle sfilate. Tié, guarda che magnificenza.

Dopo aver costruito uno zoccolo duro di indomiti cittadini con gli armadi pieni di Kigu, il Kigu-brand dovrebbe pensare a una massiccia campagna pubblicitaria. Ho già in mente il testimonial perfetto: il ragazzino (che ormai avrà finito l’università) di Where The Wild Things Are. Perché lui l’ha già fatto. Lui ci andava in giro tutti i santi giorni, vestito da volpegattino bianco. E gli hanno giustamente dato una corona.

Non solo, ma ragazzino-volpegattino avrà anche il coraggio di difendere i nostri diritti. Salirà in piedi sui tavoli e inveirà con decisione contro chi tenterà di tirarci fuori dal nostro Kigu. VOI, CON LE VOSTRE CAMICIE SCOMODE! VOI, COI VOSTRI LEGGINGS FIORATI! VOI FASHION BLOGGERS, SENZA CALZE NELLA NEVE! Io vi ripudio! Io scelgo il Kigu!

E se la Kigu-rivoluzione fallirà, se nemmeno il ragazzino-volpegattino riuscirà a difenderci dalla tristezza e a costruire una fortezza abbastanza grande da tenerci al sicuro, noi coi nostri Kigu a forma d’unicorno, ecco, vi chiedo di seppellirmici, dentro a un Kigu. E di fare un libro tutto illustrato pure per me.

Kigu, per la gloria!
Amici, vale la pena combattere. Dobbiamo tentare.
…vanno pure in lavatrice.

wwis 1Emily Dickinson, fatti in là.

Non c’è niente da fare: i giorni più belli sono quelli in cui si scopre una fantasmagorica cazzata nuova. Ed era un po’ che vagavo, orfana e raminga, in cerca di un degno successore di The Useless Web…. Ma l’attesa è finita, grazie al cielo, perché le mie amiche hipster che sanno sempre tutto sei anni prima degli altri mi hanno fatto scoprire qualcosa di sconvolgente e fantasticissimo: What Would I Say?, il tragicomico generatore automatico di status di Facebook.
Come funge?
Niente, WWIS recupera e frulla insieme le assurdità che già avete detto per creare nuovi e sconvolgenti pensieri, ovviamente condivisibili coi vostri amichetti del cuore. Chiaro, non tutto quel che esce è una perla immortale – e non si può nemmeno pretendere la punteggiatura di un accademico dei Lincei -, ma con un po’ di pazienza potrete tranquillamente capovolgere l’universo.
Tipo.

wwis2…BOOM, BABY!

wwis3Le Tre Coglione. Cugine delle Tre Marie, ma incapaci di fare i panettoni.

wwis4Alla pugna!

wwis5Ray Bradbury meets Carrie Bradshaw.

wwis6Siamo solo contenitori per l’ennesimo Braulio.

wwis7Ma non credo, ma mai e poi mai. 

wwis8Cazzo, compriamola SUBITO!

wwis9E succede tutto in Messico. O in Spagna. Quel MOCIOS vorrà pur dire qualcosa.

wwis10Voglio solo guardare il mondo che brucia. O una roba così.

wwis11Il Kraken, risveglia.

wwis12Ecco. Adesso che lo so, faccio in tempo a scansarmi.

Buon divertimento, miei coraggiosi!
😀

Continuo ad imbattermi in assurdità. Vago serena per strada e all’improvviso, tanto per citare uno degli ultimi mirabili avvistamenti, mi passa davanti uno con una moka da sei tatuata sul polpaccio. Due volte, l’ho incontrato, il tizio con la moka tatuata, e non abito in un villaggio di pescatori in Papuasia.
Ora, i casi sono due. Potrebbe essere colpa mia, perchè magari sono io, in qualche modo non chiaro, a calamitare le cazzate urbane. Vado in un posto e tutto quello che di scemo sta esistendo nel raggio di un chilometro si sposta sul mio percorso. Oppure, siete voi che non vi accorgete di niente e, imperturbabili come giumente, andate dove dovete andare, mentre un’idra sventra a craniate il palazzo che avete di fronte.
Onestamente, non so. Ma non lo sa neanche il tizio del furgoncino. Non lo sa e nemmeno gli interessa, perchè lui ha una missione.

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Piazzale Loreto è un posto molto trafficato. È un gran casino a più corsie concentriche, dove la gente strombazza, cerca di insinuarsi a destra e a sinistra e si rende amaramente conto di non poter in alcun modo arrivare in orario dove dovrebbe arrivare. Quel che non sapevamo, almeno fino alla rivoluzionaria scoperta di oggi, è che non solo a Loreto una volta c’era il mare ma che, in qualche piano dimensionale normalmente celato all’occhio umano, il mare a Loreto c’è ancora.

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