Addio, punto vita
La capacità di vestirsi, così come la capacità di eccellere nel calcolo degli integrali, è un dono innato. Si può migliorare quello che la natura ha deciso di donarci grazie a saggi ed estrosi espedienti, ma non si possono fare miracoli. Ci sono donne esili e ben proporzionate che perseverano nell’abbigliarsi come spazzini e ci sono ragazzone prorompenti e burrose che si ostinano a indossare i leggings a fiori. Il problema, quasi sempre, è una corretta valutazione del rapporto tra quanto ci piace una cosa e quanto – oggettivamente – quella cosa potrà risultare guardabile addosso a noi.
Insomma, se i tuoi polpacci terminano direttamente con un piede, non dovresti metterti le ballerine col cinturino alla caviglia… perché la caviglia non ce l’hai. E capisco che le ballerine con il cinturino alla caviglia siano per te le scarpe più belle mai create, ma se non hai le caviglie dovresti capire che su di te non possono funzionare – e no, il fatto che il calzolaio abbia la facoltà di aggiungere dei buchi al benedetto cinturino non è una soluzione accettabile e sembrerai comunque uno zampone con le lenticchie.
Adori follemente un capo d’abbigliamento, ma ogni volta che esci dal camerino ti sembra che partano le risate registrate? Non te le stai immaginando, fidati. Ami tantissimo un indumento ma ti fa somigliare a un frigorifero? Lascialo dov’è, sarà meglio per tutti.
Ma che cosa volevo dire.
Vestirsi è oggettivamente difficile e frustrante. Affronterei lo shopping con spensieratezza e allegria solo se avessi la carta di credito del folletto irlandese che seppellisce le pentole d’oro alla fine degli arcobaleni e il culo di marmo di Irina Shayk. Invece, ogni volta che mi rendo conto di dover uscire di casa alla disperata ricerca di un paio di pantaloni – NERI, SKINNY, SENZA SU NIENTE DI STRANO. SOLO NERI E SKINNY. VOGLIO SOLO POTER PIEGARE CORRETTAMENTE LE GINOCCHIA E SEDERMI SENZA SEGARMI LO STOMACO -, mi rannicchio per terra e piango.
Tutto quello che possiedo è frutto di un doloroso processo d’acquisto. Ogni canotta, ogni golfino, ogni gonna. Tutto quello che c’è nel mio armadio ha praticamente vinto gli Hunger Games, collocandosi nella magica intersezione tra a) vestiti che trovo belli, b) vestiti che mi stanno tutto sommato bene (o che non mi trasformano in un triceratopo), c) vestiti che mi posso permettere.
E se la situazione standard è questa, figuratevi un po’ come l’ho presa quando ho scoperto di essere gravida.
Lì per lì, sono stata assalita da un vasto ventaglio di paranoie. Tra “che cosa ne sarà della mia presunta giovinezza” e “come faremo a permetterci l’asilo nido”, si è manifestato anche un flebile – ma comunque significativo – “com’è che ci si veste quando si aspetta un bambino?”. Ho rinunciato immediatamente a rispondere a quesiti filosofico-economici di natura decisamente troppo vasta per le mie capacità, ripiegando sulla gestione di argomenti all’apparenza più semplici: l’abbigliamento per donne incinte.
Il mondo del premaman è vasto, mal distribuito e spesso poco edificante. Ma, nonostante fiocchino contumelie ogni volta che devo uscire di casa (“SONO SCOMODA! SONO TONDA! MI SENTO A DISAGIO! NON MI ENTRA!”), l’abbigliamento MATERNITY è quasi riuscito a placare le mie ansie.
Me ne rendo conto, non è un fenomeno particolarmente intuitivo. Ma posso spiegare.
Partiamo da una serie di incontrovertibili dati di fatto.
Uno. Quando sei gravida, la gente smette all’improvviso di attribuirti la facoltà di essere figa.
È un po’ come finire in una gigantesca friendzone: uomini che venti minuti fa t’avrebbero inchiodata volentieri al muro ti domandano all’improvviso se hai avuto la toxoplasmosi – e da lì all’essere percepita come un’ingombrante pezzo dell’arredamento il passo è breve. Le donne, invece, osserveranno il tuo ventre in continua espansione con un misto di raccapriccio e “menomale che non sta capitando a me”, declassandoti automaticamente all’inoffensiva categoria dei Lamantini.
Insomma, la pressione sociale sulla decorosità del vostro aspetto fisico si riduce a zero. Molte donne, approfittandone fino in fondo, mettono su una cinquantina di chili e scelgono i vestiti solo in base alle dimensioni delle tasche – da riempire di Crispy McBacon. Altre, invece, imparano a rilassarsi un po’ e, per una volta, tentano di fare shopping privilegiando la funzionalità e la ragionevolezza – con buona pace di Anna Dello Russo.
Due. Quando sei gravida, la quantità di abiti a tua disposizione si riduce drasticamente.
Per farvi capire, qui a Milano ci sono all’incirca centomila punti vendita H&M. E c’è solo un negozio che vende la linea H&M Maternity. L’area dedicata alle gravide è grande come il mio salotto e, in pratica, è solo roba basic. O a righe, inspiegabilmente. Una vita passata a sentirsi dire che le righe allargano e poi, quando somigli effettivamente a una boa, l’80% dell’offerta di abbigliamento a te dedicata è composta da roba a righe.
Tre. Quando sei gravida, nulla di quello che accade nel mondo è più importante di te.
Due anni fa ci mettevi un mese e mezzo a scegliere che cosa indossare al matrimonio della tua amica? Ottimo. Ora improvviserai un OUTFIT la sera prima, partendo dal presupposto che nulla, comunque, potrà farti felice quanto il pigiama con l’elastico molle. La faccenda sorprendente, però, non è tanto l’esponenziale velocizzazione del tuo processo decisionale, quanto invece la vastità del cazzo che te ne frega. Perché – in generale – voi vi state occupando di qualcosa di eccezionale: voi state incubando un essere umano. E nessuno ha il diritto di rompervi i coglioni.
Il risultato di questa folle alchimia di fattori è che, di punto in bianco, sarete felici di avere a disposizione quattro vestiti in tutto, da indossare a rotazione per i restanti sei mesi della vostra gravidanza.
Deambulerete – faticosamente – per il centro e guarderete le vetrine con gioia, perché tutta quella sovrabbondanza di possibilità non vi riguarda più. Aprirete l’armadio e, finalmente, non avrete più l’imbarazzo della scelta. Alla domanda “che cosa mi metto?” risponderete trionfalmente “quello che avevo su ieri. La gente che dobbiamo vedere, tanto, è diversa”. Il vostro consorte, abituato a restare a corto di mutande a metà settimana, sarà felicissimo della vostra nuova routine, perché mica si può fare una lavatrice per due magliette da gravida in croce, no? Buttiamoci dentro anche i fondi più dimenticati del cestone dei panni sporchi… e roba pulita per tutti!
Ecco.
Trascorrerete i mesi più panciuti della vostra vita indossando una specie di uniforme – la stessa maglietta di H&M (l’unica con una fantasia non a righe) disponibile nel punto vendita dove tutte le gravide sono state costrette a recarsi – e vi sentirete in pace. Anzi, vi sentirete quasi a vostro agio, come un cittadino della Russia sovietica che fa la coda per acquistare un paio di insperati pantaloni – lo stesso per la totalità della popolazione statale. Vi specchierete con addosso il vostro magliettone e i JEANS SKINNY NERI SEMPLICI (che da gravide avete trovato in cinque minuti, mentre ancora vi mancano quelli da persona normale) e constaterete che, dopotutto, potrebbe andare molto peggio. Se i vostri addominali fossero ancora dove ve li ricordavate, infatti, a quest’ora sareste lì a domandarvi come abbinare la cintura acquistata in un momento di ubriachezza nel 2005 a una deliziosa gonnetta a pieghe che potrebbe essere eccessivamente esigua per accompagnarvi in una seria e pacata giornata lavorativa.
E invece no.
Somigliate a una cassapanca, disponete di un totale di nove vestiti e, soprattutto, non ve ne frega una beata frolla.
Perché state creando la vita, maledizione. Ed è una faccenda ben più importante dell’avere un punto vita.
Addio, fianchi. Addio, pancia normale. Addio, collezioni primavera/estate 2016.
Faremo a meno di voi.
E terremo alto l’onore delle foche leopardo del globo tutto.
Anche perché, diciamocelo chiaramente, un pinguino intero ce lo potremmo mangiare tranquillamente da sole.
-8 Comments-
E così sia….
Ben detto!!!!
Cara Tegamini, mi trovo nella stessa situazione, circa un mese indietro rispetto a te, e sto godendo terribilmente delle 4 paia di pantaloni premaman che ho e delle uniche 5-6 magliette abbinabili che avevo già. La vita è semplice con un armadio ridotto, chi l’avrebbe mai detto? Ho il timore che siano proprio questi 6-7 mesi di ascetismo sartoriale a plasmare la neo-mamma in tutona di pile. Ma se noi ci prepariamo e ne siamo consapevoli, potremo combattere con tutte le nostre forze tali effetti collaterali. Non avremo un punto vita, ma abbiamo ancora una dignità! -Una ex lurker- 🙂
Adoro stanarvi, ex lurker! 😀
Credo che questo felice ascetismo sia da interpretare come una sorta di vacanza. Promettiamoci vicendevolmente che non diventeremo madri-Decathlon e andrà tutto per il meglio.
Io, comunque, di pantaloni ne ho due. Sei avantissimo.
Non hai ancora fatto una cartella Pinterest titolata Baby qualcosa, non hai motive di preoccuparti del punto vita sorella tu HAI CAPITO 😉
Ora, però, mi hai fatto venire in mente che dovrei farlo, il diamine di board su Pinterest. Accidenti a te.
si ma vogliamo una foto della panzaaaaa
E giù altri abbracci!
Una mia amica mi ha consigliato di leggerti! Ha fatto proprio bene!
Domani vado al mercato per delle tuniche Marta Marzotto e delle vesti da casa da nonna (che io indosserò fuori).
Non inizierò la mia filippica contro il reparto maternità dell’unico h&m di roma (roma poi…sta a Fiumicino…) che lo ha…solo una cosa: skinny maternity taglia 26, MA PER CHIIIII?????
La 26 è per quelle stronze delle loro sorelle. Marta non permetterebbe mai un simile scempio!
Vai di lenzuolo.
<3