Fenomenologia dello shopping online: la felicità delle cose che ti stanno a caso
Oggi, una commessa di Calzedonia ha cercato di vendermi dei bikini spaiati. Ma facendo proprio passare il due-pezzi spezzato come il trend irrinunciabile della stagione. La verità, purtroppo, è che i bikini spaiati sono un’emerita stronzata e che, semplicemente, in quel negozio lì avevano finito le mutande. Il fenomeno, devo confessarlo, mi lascia sempre piuttosto perplessa. La gente, a quanto pare, va da Calzedonia e compra un po’ di mutande e un po’ di reggiseni, ma mai in numero pari. Nel vago tentativo di decifrare l’enigma, ho elaborato tre ipotesi – anche se non me l’ha chiesto nessuno.
Uno. Il 100% delle donne italiane ha la prima di reggiseno e la quarta di mutande – o viceversa.
Due. Là fuori, ci sono donne con le tette intermittenti. Evvai, oggi ho le tette! Diamine, oggi non ci sono più! Stupendo, sono tornate! Cribbio, se ne sono andate di nuovo! …e via così, per tutti i giorni della loro vita.
Tre. Le femmine vanno in spiaggia in topless e comprano solo milioni di mutande. Ma neanche un reggiseno.
Comunque. Con la mia onesta terza – sia sotto che sopra – sono completamente tagliata fuori dal mercato low-budget dei costumi da bagno. E ho buttato alle ortiche una preziosa pausa-pranzo… che potevo impiegare in maniera decisamente più proficua ingozzandomi di focaccia alle olive e leggendo Le benevole – con un corvo appollaiato sulla spalla.
Il problema, però, è molto più articolato.
Ogni volta che vado in un negozio, infatti, mi ritrovo in qualche modo in una situazione disagevole e fastidiosa, in stile-Calzedonia. Per carità, mica è colpa loro. E i saldi sono un momento particolarmente scalognato e impervio. La mia, però, è proprio una situazione di difficoltà generalizzata. Adoro i vestiti, i mobili, i libri, le cose. E passerei la vita a comprarmi ogni genere di scemenza, ma è proprio il processo dell’acquisto che mi indispone. E vai al negozio, e piglia i mezzi, e scansa la gente, e fruga sugli scaffali, e provati la roba – senza metterti a piangere per l’illuminazione inclemente del camerino, e fai la coda alla cassa, e trascinati a casa i sacchetti, e arrabbiati perché non c’era la tua misura, e borbotta perché la capsule collection non è mai nel diamine di PUNTO VENDITA a una ragionevole distanza dalla tua dimora. E via così, tra sudore, povertà e giramenti di balle.
Amo avere delle cose nuove. Detesto fare shopping.
Come risolverla?
Ma con lo shopping-online!
LA VITA.
IL BENE.
LA SALVEZZA.
LA PACE.
Da quel che vedo, non sono l’unica ad apprezzare la maestosa e razionalissima comodità di comprare assurdità su internet. Ti guardi intorno e lo capisci subito. Il mondo è pieno di persone con vestiti spettacolari… sempre un po’ troppo grandi o un po’ troppo piccoli. Canotte con le spalline troppo lunghe. Gonne visibilmente troppo trasparenti. Abitini col punto vita troppo largo. Collane troppo importanti. Borsette adorabili, ma troppo plasticose. Quella roba lì sarebbe la perfezione assoluta, se solo avessimo avuto la possibilità di smanacciarla o di provarcela – invece di limitarci a una coraggiosa esegesi della didascalia “la modella è alta tre metri e dieci e indossa una XS”.
Ma non ce ne frega niente.
Siamo riusciti a scovare una felpa glitterata piena di unicorni e a pagarla il 30% in meno – spese di spedizione incluse? Il fatto che ci stringa sul fianco e che le maniche vadano rivoltate sei volte sono aspetti assolutamente irrilevanti. Apri il pacchetto, te la metti e ti convinci di essere Lady Gaga. Il solo fatto di aver trovato una tale meraviglia senza muoverci dal divano è sufficiente a riempirci il cuore di fierezza e sconsiderata soddisfazione. Non ammetteremo mai che la benedetta felpa non ci sta proprio benissimo-benissimo. Anzi, ci rifiuteremo strenuamente di accettare l’evidenza. Perché quella cavolo di felpa, indipendentemente dal FITTING approssimativo, è arrivata nel nostro armadio senza causarci un trauma psico-economico. Non siamo stati costretti a spiegare a una commessa la nostra posizione di caparbio rifiuto ontologico nei confronti dei bikini spaiati. Non abbiamo sprecato un’ora della nostra vita a scovare, nei meandri di un H&M gigantesco e pieno di esseri umani sudati, l’unica magliettina vagamente plausibile – per poi scoprire che il 78% della popolazione italiana ne possiede una uguale. Non ci siamo scontrate con violenza contro il cartellino del prezzo di uno straordinario abitino di Twin Set interamente ricoperto di minuscole perline – uscendo poi dal negozio con la coda tra le gambe, borbottando a mezza voce “manco più Twin Set mi posso permettere, mannaggia al Papa Buono”. Non ci siamo dovute rendere violentemente conto che la Rinascente ha improvvisamente abolito l’area “casual”, sostituendola con un’accozzaglia incomprensibile di carissime cover per l’iPhone ed espadrillas sgangherate che costano come l’ingaggio annuale di Zlatan Ibrahimovic.
Questa è roba che ti segna. Che ti ara l’anima.
Ma ora sappiamo come difenderci. La risposta è una sola: comprare delle cose a caso su internet. Cose che non sono mai esattamente della nostra misura. Cose fatte con materiali assolutamente imponderabili. Spesso, cose che non corrispondono precisamente al colore della foto. Cose inabbinabili con il vestiario che già possediamo – o che viene prodotto nella nostra nazione di residenza. Cose da squilibrati, che se fossimo in un negozio ci vergogneremmo pure a provare… ma che, ora, ci sentiamo in diritto di indossare a testa alta. Cose che ci fanno felici, nella nostra follia a base di stampe coi gattini e borsette a forma di cartone del latte. Perché è tutta roba che, alla fine fine, ci somiglia. E che siamo riusciti a conquistare grazie a un processo basato sulla razionalità, l’efficienza e – talvolta – un’articolatissima analisi economica, alla facciazza di Corso Vittorio Emanuele.
La prova definitiva?
In teoria, i vestiti che ti arrivano si possono anche restituire. Sei in una giornata piena di subdoli tentennamenti esistenziali e, chissà come, riesci a convincerti che addosso ti starebbe male pure Michael Fassbender? Pace. I vestitini si possono rimandare al mittente.
Ma non lo faremo mai.
Perché, in fondo, sarebbe come ammettere di aver ancora bisogno della commessa di Calzedonia. Sarebbe come ammettere di non essere un cucciolo di fashion-icon. Piuttosto il disonore! Possiamo farcela da sole! Al rogo i rimorsi!
Chiediamocelo, dunque: meglio via Torino il 23 dicembre o le verdi praterie di Asos?
Non so voi, ma io preferisco dovermi cercare una sartina, piuttosto che scontare una condanna per strage e vilipendio di cadavere.
-6 Comments-
Che poi diciamocelo, Calzedonia ha le taglie classiche ma senza differenziazione delle coppe, vada per i costumi con i laccetti che sono regolabili, ma gli altri?!?
Io risolvo lo stress da acquisto guardando male tutti i commessi in modo che non osino avvicinarsi 🙂
Le commesse di Lovable tentano SEMPRE di convincerti che per un bikini hai bisogno di almeno due mutande, di cui almeno una brasiliana.
O che se non pesi 130 kg non c’è ragione di comprare un costume intero. Inizio a pensare che sia perché col costume intero devono venderti una mutanda sola.
Io ho smesso di andare da Calzedonia in centro e sono passata alla confusione perenne degli outlet, dove le commesse hanno troppo da fare o sono troppo poche per importunarti
Io compro TUTTO online. Libri. Mobili. Alimentari. Shampoo. Vestiti.
Qui i negozi chiudono tra le 18 e le 18,30, quando io sono ancora in ufficio, e in ogni caso i commessi sono gentili quanto un macaco con la rabbia, quindi si, preferisco andare in giro con qualcosa che non sia della mia taglia o che sia diverso da come appare su zalando amazon o asos, per la mia pace mentale.
Il vestito da damigella per un matrimonio, ci ho comprato.
E conseguente sartina.
Enorme soddisfazione
eggente, ci tenevo tanto a dirti che ho soffocato le risa schermandomi dietro ad un foglio Excel aperto a casaccio dalla prima all’ultima riga. Sei fan-ta-sti-ca, Ecco!
Che poi, diciamocelo: ma quale controllo di gestione, il controllo dell’armadio lo detieni tu e la tua infallibile strategia! mi perplime soltanto il fatto di appartenere sì, alla categoria dei compratori d’impulso online…ma al tempo stesso di non farmi neanche mancare le commesse di Calzedonia e di tutte le catene urbiterracque. Oddio, sarò grave…?