Farsi un selfie: sforzi titanici e improbabili retroscena
L’altra sera ero a casa per i fatti miei. M’ero levata il pigiama e la vestaglia con gli orsacchiotti perché stava per arrivare la mia amica Flavia. Dando prova di una prontezza assolutamente inedita, poi, avevo addirittura trovato una collana da abbinare al maglione e mi ero pasticciata un po’ gli occhi con questa matita nera gigante che è praticamente l’unica cosa che so usare. Ad un certo punto, però – e con una costernazione che non starò certo a nascondervi – mi sono accorta di aver comprato un maglione strano. Mi piace un sacco, quel maglione. Fa tanto Russia zarista. E l’ho anche trovato in saldo su Asos, un miracolo che non si ripeterà mai più. Solo che, oltre a un mucchio di graziose volute e ricamotti, sul mio bellissimo maglione c’è anche una riproduzione piuttosto accurata dei perfidi alieni-ciclope dei Simpson. Kang e Kodos. Nell’area tra l’ascella, la tetta e le costole.
Trovandomi di fronte a un’enormità del genere, ho pensato di utilizzare il prezioso quarto d’ora che m’avanzava per farmi un selfie. Avrei potuto passare il Vetril sul tavolo o piegare le lenzuola che ancora giacevano sullo stendino, ma no. Mi è sembrato più importante lanciarmi nell’impresa-selfie. L’obiettivo del selfie era di mostrare al mondo quello che avevo scoperto – sul mio maglione ci sono degli alieni sadici! -, cercando al contempo di sembrare carina e simpatica. O quantomeno umana. Una volta prodotto un selfie soddisfacente, l’avrei felicemente condiviso sul mio rutilante profilo Instagram, nel vano tentativo di prendere più cuori del mio gatto.
Io, come ben saprete, di selfie me ne faccio pochi. Mi sembra sempre di venire male e, in generale, mi sento ridicola. Perché dovrei svegliarmi al mattino e farmi una foto mentre bevo il caffè? Perché dovrei terrorizzarvi all’improvviso con un sognante primo piano – rigorosamente accompagnato da una frase poetica sul senso della vita? Alle elementari da me, poi, il problema dei GASATI era molto sentito. Ma guarda quello. Chi si crede di essere. Che gasato. Essere dei gasati era qualcosa di imperdonabile. In quanto persona incredibilmente sensibile al profondo e nobile sentimento della vergogna, non posso fare a meno di associare la pratica del selfie alla gasataggine che tanto mi spaventava in gioventù. Voi fate quello che vi pare, continuerò a guardare i vostri selfie con stima e ammirazione. Quando si tratta di me, però, ho sempre un casino di problemi.
Cercando di spazzare via tutti i legittimi dubbi che mi assalgono ogni volta che mi viene in mente di farmi un selfie, dunque, ho trovato uno specchio ragionevolmente illuminato – quello del bagnetto B, che somiglia alla cabina di una nave – e mi sono impegnata con abbondantissimo zelo.
Ma sprofondiamo insieme nel baratro.
Non so quanti selfie-bozza si faccia Chiara Biasi prima di decidere quale usare. Nel mio caso, i selfie-bozza sono diverse decine e, immancabilmente, esplorano con rigore scientifico un ampio ventaglio di malattie mentali, paradossi, pessime idee e folli trovate. Che cosa succede davvero quando vogliamo farci un selfie? Quando ci provo io, la situazione-backstage è questa roba qua.
Facciamoci coraggio.

Molto bene, amici. Lo specchio l’abbiamo centrato. Indichiamo col ditino il motivo dei nostri sforzi – ALIENI SUL MAGLIONE! – e produciamo un’espressione costernata, capace di esprimere al meglio il disagio che i poliponi-ciclope scatenano nel nostro cuore. Però no, non si può usare. Che faccia è.

Ma se provassimo ad eliminare il problema-faccia, badando a quel che è davvero importante? Però no. Non ho messo a fuoco bene. E poi sembro una matta con una scopa di saggina in testa… che si indica una tetta.

E se aggiungessimo un gesto drammatico e ricco di pathos? Però no, là fuori è pieno di fashion blogger con la manicure fatta. Guarda là, ho già un’unghia sbeccata. E sono piena di pellicine.

Proviamo a re-introdurre lo specchio. Sembro anche discretamente magrina. Però no. Cos’è quella roba nella vasca? Si vede anche il pirolino antipanico per quando sei a mollo e ti viene un coccolone. Zero, non si può usare. Manco se la ritaglio.

La faccia serve, non possiamo far finta di no. Buttiamola sulla tragedia. Come le vere le attrici. CIELO, HO UN POLPO ALIENO SUL MAGLIONE! Sgomento! Però no… anche questa è irrimediabilmente sfocata. Come si può mettere a fuoco e scattare con la medesima mano? Impensabile! Servono DUE arti! E guarda che nocche minacciose.

L’idea di partenza non era male. Anzi, aveva un gran senso. Semplice, lineare, sintetica. Sarebbe il caso di recuperarla. Però no, dai. Possibile che non mi venga una faccia migliore? Ci possiamo lavorare, ne sono sicura.

…Kate Moss? M’allarga, questo maglione. Altroché.

Acciderba, m’è quasi cascato il telefono. Ma quand’è che arriva la Flavia? Che qualcuno ponga fine a questo scempio!

E se salissi su uno sgabello? Starei sicuramente più comoda. Non dovrei tentare di produrre un’espressione simpatica mentre basculo sulla punta dei piedi, per dire. Però no. Sarebbe carino se guardassi lo specchio. Sarebbe anche più educato, volendo. E sono anche gialla.

Basta. Mi sono rotta i coglioni. Sto qua nella vasca e ciao.

Vi dirò… la vasca è un’ottima idea. Comoda. Ergonomica. Pacifica e silenziosa. E c’è anche Ottone! Però no. Sembro il Goblin.

…Kate Moss? E diamo un’altra possibilità alla vecchia Kate. Che vi costa. Siate comprensivi. Lasciatemi divertire. Ok. No… ho capito, ho capito. Che bello sarebbe avere una mascella delicata. Parliamone.

Cupi momenti di autocoscienza. Stiamo perdendo di vista l’obiettivo. E ora siamo in una vasca da bagno. A cotonarci i capelli. A farci sconfiggere nella cupa battaglia della fotogenia. A fare le faccette. C’è della gente che può permettersi le pose da fatalona sciantosona. Te no. A te dovrebbe essere già scappato da ridere. Vergogna! Non è così che ti abbiamo allevata!

Però dai. La vasca è divertente. E se mi mettessi così? Come una Dea Kalì dei sanitari? Non è una tragedia completa… la sistemiamo un po’? Luminosità. E un pizzichino di nitidezza in più. Però no. E’ comunque una gran cazzata. E ho la bocca a culo di gallina. Vero, la bocca a culo di gallina migliora la definizione dello zigomo, ma ha rotto l’anima.

La mia vita è uno scherzo.

Potrei fare una roba del genere… che ne sapete, magari su Instagram c’è una nicchia di ninja che apprezzerà i miei sforzi. O verrà a farmi le pulci su come tengo le mani. Signorina Tegamini, vorremmo informarla che con il suo sciocco selfie nella vasca da bagno è riuscita a dissacrare l’antichissima e preziosa mossa dell’Hosokan, letale tecnica che il nostro manipolo di guerrieri custodisce e tramanda – solo ai più meritevoli – di generazione in generazione. Le verremo a mozzare le mani. E divoreremo il suoi cari. E vorremmo anche dirle che tutto questo non ha senso. Dov’è il maglione. Dove sono gli alieni. Che ne sarà della grazia e dell’eleganza.

Sai che c’è? Ecco.
Una persona vuol farsi una foto con su un maglione. Dopo quindici minuti – e innumerevoli contorsioni – si ritrova seduta in una vasca da bagno a ingiuriare ninja immaginari. E senza aver comunque prodotto nulla di pubblicabile. Ditemi che per voi è più semplice. Indicatemi dei corsi. Ci sarà ben qualcuno che ha inventato dei tutorial su come farsi dei selfie in maniera poco traumatica, rapida e indolore. Ma anche voi vi riducete così? Amore del Cuore, ecco che cos’è che faccio mentre te vai al mare con i tuoi amici. E poi insistete per non prendermi su, asini!
Comunque.
Dopo aver mangiato circa venti chilogrammi di cibo giapponese e aver congedato la Flavia – la Flavia la si congeda sempre e solo a malincuore, si sappia – sono tornata sul luogo del delitto per rimettere a posto lo stupido sgabello che avevo tirato a mano nella speranza di migliorare l’agibilità dello specchio. Sono tornata in bagno e ho trovato Ottonazzo von Pisolone che ronfava nella vasca. E, animata da un sentimento puro e sincero, sono finalmente riuscita a farmi un selfie felice. Anzi, un sacrosanto e vetusto AUTOSCATTO. Non era quello che avevo pianificato, la storia degli alieni e del maglione è andata a farsi benedire, è un po’ nebuloso e storto… ma tanti ciao.
-9 Comments-
Il selfie non ti sarà venuto come volevi, ma mi hai comunque risollevato dal mio divano di morte, dove giaccio vittima della cistite! Grazie,
TEGAMINI COME CURA PER LA CISTITE!
Tutto questo è bellissimo.
in pratiche bustine a forma di post!
Bello sapere di non essere l’unica impedita…
I miei tentativi di selfie risultano:
– in quadrupli menti
– in una fluorescente itterizia
– nei capelli che iniziano a vivere di vita propria e emulano lo stile di Simba (il leone, eh)
– occhio sx sempre piu’ chiuso dell’occhio dx
– pallore mortale
– e si, sembro grassissima!
Cosa c’e’ che non va in me, COSA, COSA???
Tanta invidia per i selfie che hai pubblicato, mica è vero che non ti vengono bene, sono spassosi! Quello con Ottone, però, è inimitabile! Il mio problema, ahimè, risiede a monte. Sarà che sono schiva come un leopardo delle nevi. Sarà che sono piemontese e, come disse il grande Maestro Piero Angela quando gli chiesero come mai non si sappia nulla della sua vita privata “Noi piemontesi siamo a nord della Svezia”. Sarà la mia incapacità di fare nelle foto un’espressione che a guardarla comunichi qualcosa di diverso dal guardare una sedia a sdraio…. ecco. Io i selfie non me li faccio che essere tacciati di “gasataggine” è un attimo. O rabbia!
I leopardi delle nevi sono i miei animali preferiti.
CUORI A TE, dunque. Per osmosi.
Uno dei post dell’anno, grazie!!!
Giusto l’altra mattina domandavo a Mr M. come mai io alla mattina mi sveglio con i capelli arruffati, la faccia gonfia e la mia colazione consiste in una tazza comprata alla Coop e delle fette biscottate sbriciolate, mentre su Instagram trovi graziosissime colazioni baciate dal sole, ragazze splendide in posa “appena svegliate” con capigliatura perfetta, maglioncini deliziosi da 58043583429 dollari, gloss nude elegante e pose delicate da angeli, con tazze fighissime, taglieri con formaggi da gourmet, pane fatto in casa da una squadra di donne di campagna sagge e magiche, bevande fatte in casa che richiedono 3129 ore di preparazione e ingredienti recuperati sulle alture dell’Himalaya.
Ovviamente il tutto mentre fotografano la colazione perfetta su lenzuola che si piegano al loro volere e con panorami naturali dalla finestra che manco Heidi.
Che ci vuoi fare, saremo noi che non siamo capaci.
Ma i tuoi selfie sono stupendi! 😀
Ihih..ho sorriso tutto il tempo..e a volte anche riso a gran voce durante il tuo post..
Forse la vicina si sarà più volte chiesta se sono pazza..una pazza impazzita o chissà cos’altro..
Fatto sta che sei geniale.
E per la cronaca..i selfie non vengono bene manco a me..dannati siano i selfie e chi ha inventato la fotocamera anteriore..;)
[…] colei che ha ammesso che fare i selfie non è facile (ha tutta la mia comprensione: nei miei pochi, miseri tentativi di autoscatto appaio […]