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Aprile 2014

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Spoiler?
OVVIO.
Beware.

Amazing-Spider-Man-International-Poster-31

Leviamoci subito il pensiero.
È un film piacevolone? Ma certissimo.
Vi cambierà la vita? Ma proprio no. 
E quindi? E quindi guardatevelo con spirito giocoso, questo Spider-Man, che mica stiamo al mondo per patire. Mica siamo dei Peter Parker, con centosei cattivi da combattere ogni santa volta e un guardaroba estremamente limitato. Noi non scorgiamo il padre defunto della nostra fidanzata agli angoli della strada. Non dobbiamo lottare per farci la lavatrice da soli, che se no nostra zia May si accorge che siamo dei supereroi. Non abbiamo amici potenti che bramano il nostro sangue per guarire da una malattia di inaudita rarità che somiglia al drammatico incrocio tra la lebbra e la peste bubbonica. I nostri lanciaragnatele non si friggono e, superata con successo l’adolescenza, non sentiamo il bisogno di ricoprire di fotografie e metri di nastro adesivo le pareti delle nostre camerette. Non siamo nemmeno ingegneri elettronici col riporto e i pantaloni scappati. Oxford non ci telefona per regalarci una borsa di studio. Una cosa che, invece, forse saremmo capaci di fare anche noi – e senza un impiego alla Oscorp – è bloccare una centrale elettrica schiacciando semplicemente il bottone STOP, ma questo è un altro paio di maniche. Perché questo film è pieno di stupidaggini, ma bisogna un po’ prenderla come fa Paul Giamatti, in arte Rhino. Paul Giamatti si è divertito come un bambino, si vedeva proprio. C’è per sei minuti, ha questo fenomenale accento russo da barzelletta e devasta una decina di isolati con un camion pieno di plutonio, indossando una comoda tuta dell’Adidas da gangster dell’est e due chili buoni di collanazze d’oro. E tutto questo ancora prima di ricevere un’armatura a forma di rinoceronte corazzato.

Paul Giamatti On The Set Of 'The Amazing Spiderman 2'

rhino giamatti

Così, bisogna fare. C’è da buttarla in caciara, come c’insegna il prezioso Giamatti.
Perché Electro ha la faccia così gonfia? Le anguille fotovoltaiche erano forse piene di cortisone? Perché è così incredibilmente lento e rincoglionito? RHAAAAAAAAA, vi distruggerò perché non mi facevate posto in ascensore! MAAAAAAAAX, mi chiamo MAAAAAAX, come hai potuto dimenticarmi?
E Harry? Harry comincia ad ammalarsi e a riempirsi di croste nell’esatto istante in cui il suo augusto genitore, impareggiabile simpaticone, gli comunica che in casa loro c’è questo lieve problemino genetico. Prima non aveva niente – a parte l’hobby di covare invincibili rancori – e all’improvviso ALE’, morte che incombe e serpeggia, tra una giacchetta di sartoria e l’altra.
Anche Parker-padre, poi, è uno che fa le cose in grande. Per lasciarti in eredità una video-spiegazione lui non si accontenta di seppellirti una chiavetta in un contenitore ermetico, in un qualche posto segreto e sicuro. Una roba che si fa in due ore. No, per farti vedere un video lui ricicla un’intera stazione abbandonata della metropolitana, con tanto di treno-laboratorio che emerge dalle profondità della terra. E suo figlio si siede lì, guarda il filmato e tanti saluti, non gli viene manco in mente di farci qualcosa, con quelle gloriose tonnellate di attrezzature scientifiche. Che io non so, con zia May patisce la fame da quand’è piccolo… ma suo padre non poteva comprare un acceleratore di particelle in meno e lasciargli una valigia piena di soldi per vivere un po’ più decorosamente?
Ma soprattutto, QUANTO PIANGE SPIDER-MAN? Fateci caso, non c’è una scena in cui Peter Parker non singhiozzi. Piange, piange e piange. Piange perché vuol bene a sua zia, piange per la frustrazione, piange tutte le volte che deve fare qualcosa con Gwen – si lasciano e piange, la rivede e piange, limonano e piange -, piange perché la faccenda di Harry lo tormenta, piange nel diamine di treno-laboratorio, piange sulla schiena spezzata della sua fidanzata e per i cinque mesi successivi al suo funerale. Lui, semplicemente, piange. Piange quand’è in borghese e, sicuramente, piange pure nella maschera, con conseguenze di scomodità e appiccicatume che preferisco non prendere in considerazione.

spiderman garfieldHarry, ben ritrovato! Sono il tuo unico amico d’infanzia, non mi abbracci neanche?
Oh, ciao, Peter. E’ bello rivederti, ma sono in riunione. Se vuoi un abbraccio vai a chiederlo a tua zia.

spiderman electroMAAAAAAAAX! Friggerò i vostri ascensori! MAAAAAAAAAAAX!
Perché non m’avete fatto snello come il dottor Manhattan, perché!

spiderman garfield stoneFuori rido. Ma dentro, PIANGO.

spiderman goblinPerché non l’hai chiusa in un bunker, la tua fidanzata! Perché mi costringi a scaraventarla giù per una torre piena d’ingranaggi? Perché voi siete così tenerelli e io devo star qui con la faccia verde e una montagna di pustole bavose! Maledetti! 

La verità è che Andrew Garfield è troppo adorabile. E anche il suo Spider-Man è afflitto da questo insormontabile problema. Arrendiamoci: si può provare a prendere in giro questo film, ma non c’è niente da fare, è comunque uno spasso. E’ come quando Amore del Cuore cerca di sgridare Ottone von Accidenti perché butta in terra la macchina del caffè nel cuore della notte. Una volta è sceso dal soppalco per amputargli le zampe – zampe che Ottone utilizza per raspare forsennatamente su sacchetti, bottiglie, mobili e qualsiasi cosa faccia un rumore infernale… e sempre alle 4 del mattino -, ma poi me lo sono visto che risaliva la scala col gatto in braccio. “Ho provato ad arrabbiarmi, ma è troppo carino”. Ecco. Cosa gli puoi dire a uno che scrive TI AMO con le ragnatele sul ponte di Brooklyn, che ti guarda dalla cima di un palazzo mentre vai a mangiare immonde polpette coreane coi tuoi amici, che rischia la vita per attraversare una strada quando c’è rosso, perché tu sei dall’altra parte e lui è troppo travolto dai sentimenti per far caso a macchine, tir, cingolati e autobus? E’ uno che difende i bambini e i loro esperimenti di scienze dai bulletti del quartiere, per la miseria! I pompieri gli prestano il casco! Ed è così coordinato! E ci sono tutte le piccole gag simpatiche!
Insomma, io ci ho provato. Ma non posso vincere, quando si tratta delle chiappette d’oro di Andrew Garfield. E a me gli smilzi non piacciono neanche, figuratevi un po’.

michele mari roderick duddle tegamini

Dopo FantasmagoniaDi bestia in bestia, ho cominciato a pensare a Michele Mari come a una specie di destinazione turistica. Per la precisione, Michele Mari era diventato una di quelle grotte incredibilmente buie, ingarbugliate e interessanti che uno va a vedere quando è in ferie in qualche posto un po’ fuori mano. Quelle con un’escursione termica dentro-fuori di circa novemila gradi centigradi, le stalattiti e le stalagmiti che non smettono mai di crescere e ampi tratti ancora inesplorati, pieni d’acqua e assolutamente letali. In quelle caverne lì, che siano fatte di calcare o di chissà che altro, c’è sempre un sentierino calpestabile e moderatamente illuminato che serpeggia docile in mezzo a forme e strutture improbabili. A me, in quei posti, viene sempre in mente la roba da mangiare. Ci sono le formazioni sedimentarie a forma di cannelloni, ci sono quelle più grevi che sembrano dei mucchi di profiterole. E tutto sembra quasi innocuo, se per un attimo ti dimentichi che sei sottoterra, che c’è un freddo innaturale e che si scivola. O che dipendi dai quei quattro fari in croce puntati sul tuo sentierino, che sta in mezzo a chissà quali indicibili anfratti, in un labirinto di cunicoli, sale e abissi che mai potrai percepire nella loro interezza. La cosa peggiore, però, è sentire la guida che ti dice che là sotto c’è la vita. Al buio, nel silenzio più completo, ci sono delle cose vive.
Ecco. Michele Mari, per me, somiglia un po’ a un ecosistema sotterraneo di quel genere lì. Uno che scrive dei libri che se li apri in spiaggia viene nuvolo. E te rimani seduto sul tuo asciugamano e ti prendi il raffreddore, perché sei così travolto dalla meraviglia che ti dimentichi di metterti la maglietta.
…temo di aver rotto i coglioni con queste metafore. Anzi, come direbbe Salamoia, vi sto facendo venire uno scaciorbio, con le benedette metafore. E gli altri personaggi di Roderick Duddle gli darebbero ragione.
La Badessa, donna pratica e poco incline ai giri di parole, ordinerebbe al Probo di farmi sparire.
Il signor Jones, tanto per cominciare, mi metterebbe a servire ai tavoli.
Lennie non capirebbe che cos’è una metafora, ma forse mi regalerebbe un topolino morto da accarezzare.
Moriarty si approprierebbe dei miei pochi averi con un tortuoso ma impeccabile atto giudiziario.
Suor Allison, probabilmente, si alzerebbe le gonne.
Scummy commenterebbe con un laconico Yuk Yuk.
E Roderick? Roderick vorrebbe delle spiegazioni, credo. E un bicchiere di latte e qualche ossicino di gabbiano.
Ma voi, che magari siete personcine esigenti e ben abituate, potreste avere voglia di uscire dalle grotte – per quanto piacevoli e affascinanti – per mettere le mani su qualcosa di avventuroso, nobilissimo e perfettamente ingarbugliato, su una storia che sembra arrivata da lontano apposta per farvi divertire e per prendervi in giro. Dovrebbe venirvi voglia di leggere Roderick Duddle, secondo me, anche solo per annotarvi su un foglietto tutti i modi in cui Michele Mari sceglie di chiamarvi, o esigenti e sapidi lettori. Perché capita che uno scrittore, dopo un piatto di orecchiette salsiccia e ricotta, si diverta a inventare un romanzo d’appendice pieno di canaglie, equivoci, esecuzioni sommarie, intrighi, fortune contese, meretrici leggendarie, scarpe rotte, suore che vi menano con una spranga, cantine umide, strade costiere malfrequentate, gendarmi, avidi manigoldi, raggiri, bambini muti, scherzi della natura, polene e locande piene di scarafaggi. Imparerete un casino di insulti desueti, ammirerete la precisissima assurdità dell’intreccio e finirete per invitare qualche nuovo ospite ai vostri pic-nic. Perché Mari ha deciso di portare in vacanza tutti quanti i suoi mirabili mostri… e a voi conviene farveli amici, intanto che sono così di buonumore e villeggiano felici tra una pagina e l’altra di questo libro.

:3

P.S. se non siete tanto convinti – crastúmberli, com’è possibile! -, andatevi a leggere quest’intervista bella bella. C’è anche una mappa. E dove c’è una mappa, lo sanno tutti, c’è anche un tesoro.

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Succede che, di tanto in tanto, mi scambiano per una fashion blogger e m’invitano ai Press Day
. I Press Day sono quelle cose che te vai, ti mettono in mano un bicchiere di bianco e ti portano in giro per degli spazi allestiti con infinita carineria per farti vedere quello che i più disparati brand – e/o maison, stilisti, sartine di quartiere, designer, scarpari, case cosmetiche, ciabattini o multinazionali del lusso interplanetario – hanno intenzione di proporre per la stagione che verrà. Te vaghi, guardi tutte queste belle cose, fai le fotine artistiche e pensi, più che altro, che non hai i soldi per comprarti manco il tonno – se proprio non è in offerta -, figuriamoci i meravigliosi abitini rosa di Christopher Kane a forma di ventaglio. Quindi cerchi di non infervorarti troppo – si sa, poi, infervorarsi è da plebei, mica da fashion blogger altolocate -, ti rifai gli occhi, ti comporti al meglio delle tue possibilità e non tocchi niente. Io che vengo dalla campagna, però, ho visto degli animalini e mi sono subito invasata. E ho anche scoperto che la carta da parati è ancora di grande attualità, sempre che sia made in London, esosissima e palesemente arrivata su questa terra dal Paese delle Meraviglie.

 

 Perché esistono delle Puma assurdamente ricoperte di bestiole del bosco e di creaturine fiabesche piene di piume, codine poffose e pellicciotte dai colori pastello. Le nobilissime calzature, la Puma se le è fatte foderare da House of Hackney, che è questo brand britannico che produce arredamento superposh-artistico. Stampe meravigliose. Paralumi. Divani. Lampade a forma di pappagallo. Cuscini con le felci.
Ammazzatemi.

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E niente.
Gli animalini di House of Hackney, oltre a decorare milioni di cuscini che inonderei volentieri di lacrime e tazze che userei ogni secondo della mia vita – anche per mangiarci dentro la pastasciutta -, sono andati a finire anche sulle Puma più Puma. Me sono anche scritta i modelli: le Puma con i piccoli tassi, i pennuti inglesi e il gessato bianco e nero da splendidi squilibrati sono le Basket, le Slipstram e le R698. Usciranno con la collezione autunno/inverno – perdonatemi: FW14 -, quindi avrò ancora un po’ di tempo per gettare delle monetine di rame dentro a un secchio, nella vana speranza di accumularne a sufficienza.
E lo so, sono assurde.
Ma sono gloriose.
E quelle nere sono pure pelusciose-cinigliose!

 
 
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shushu che dorme

Sono una ragazza fortunata. Anzi, una BLOGGHER fortunata. Perché partecipate tantissimo. Mi mandate i cartoni della pizza (Taschen, mi leggi? È una ricerca iconografica di rara rilevanza! Facciamoci qualcosa, cavolo), mi girate link di una fuffosità impagabile, mi rammentate di mettere i ghiaccetti nel freezer e, soprattutto, vi piace farmi conoscere i vostri animali domestici. Sono meglio di San Francesco, ormai: nel tempo libero mi siedo lì e benedico le vostre bestiole da compagnia. Ho visto passare cani, innumerevoli gatti, pesci (quasi sempre morti), un paio di cavie e qualche uccellino. Mai al mondo, però, avrei pensato di imbattermi in un branco di cincillà domestici. Perché uno può decidere, un bel giorno, di pigliarsi in casa un po’ di cincillà. Ma così, all’improvviso. Butti la pasta, passi l’aspirapolvere, ti fai un caffè e ti prendi un cincillà, gli dai un nome e cominci ad amarlo di vero amore, mentre ti saltella attorno senza motivo. Affascinata oltre ogni immaginazione dagli imprevedibili cincillà di Chiara – http://www.laurachiara.com, dunque, ho deciso di intervistarla. Come sono i cincillà, nella vita privata? Che fanno? Cosa sognano? Sono scemi, sono intelligenti? Fabbricano allegria? Uno si fa delle domande, quando si imbatte in una Signora dei Cincillà. E sente anche il bisogno di inaugurare un nuovo capitolo-verità per la rubrica Gli animali ti guardano.
Procediamo dunque con l’intervista più utile del ventunesimo secolo.

I nostri omaggi, Chiara.
Partiamo dalle basi. Presentaci in maniera fulminea i tuoi cincillà.

Le creature in questione sono:
Shushu AKA Signore di Male Mobbido AKA Il Malvagigio AKA Tsathoggua AKA Dr Giuseppi Cicciomale Responsabile del Servizio Clienti.
Poi c’è Rinn che è la moglie adorata mentalmente labile.
Seguono il primogenito bellissssssimo di nome Mochi che è intelligente come un budino e la piccola molestissima Luz.

cincifamily

Ma come è successo? Un cincillà è un acquisto d’impulso o è il risultato di un vasto e ben pianificato progetto-cincillà? Eri una bambina che desiderava dei cincillà (crudelmente circondata da compagni di scuola che chiedevano cagnolini e cocorite a Babbo Natale) o li hai scoperti in età più tarda?

Quando abitavo con i miei genitori c’era un orrendo incrocio di Yorkshire di nome Rudy dalle zampe lunghe e il pelo da punkabbestia che girava per casa. In teoria sarebbe dovuto essere il cane di mio fratello ma dopo una settimana dall’arrivo della sgraziata bestiola lui decise che dopotutto non gli interessava e anzi gli faceva ( giustamente) un po’ schifo. Quindi il “cane” divenne l’ ombra di mia madre.  Sviluppando una serie di nevrosi peculiari. La mia preferita è che Rudy non iniziava a mangiare se prima non gli si apriva e chiudeva la porta finestra. Non chiediamoci perché. Menti più brillanti hanno tentato di spiegare l’ arcano e hanno fallito. Per me post-adolescente rognosa barricata nella mia stanza la scelta di animaletto da compagnia era pertanto  ridotta a bestiole di piccolo formato.
Quindi partii dalle basi. Primo passo: criceto russo.
Poi una volta defunto il suddetto ho pensato: perché fermarsi al criceto grasso dalle guancine deformi (che pure regala grandi momenti di ilarità) quando c’è una bestia surreale come il cincillà? E così andai in un negozio e portai a casa Shushu. Senza avere la benchè minima idea di che cosa stessi facendo.
Questo accadeva dodici anni fa.
Poi vedendo Shushu sospirare nel tramonto e cercare di montare il mio peluche di marmotta gli procurai Rinn, contando sulla scarsa prolificità del cincillà in cattività. Fu AMORE a prima vista. Adorazione totale di quelle che noi tutte da adolescenti sfigate abbiamo sognato almeno una volta.
Dopo tre anni c’erano anche il bellisssimo Mochi e la molesta Luz.

bacinci

Quanto diamine costa un cincillà? 

Il cincillà costa sugli 80 euri. 100 se vuoi le varianti fighe col pelo di altri colori tipo beige e nero (no  purtroppo non li fanno in rosa e viola) MA quando porti a casa la prima creatura probabilmente finirai col sottovalutare il suo potenziale di danno.
Perché se non hai una gabbia grande come un box per il SUV in cui tenerlo, il cincillà necessità di sgranchirsi le gambette in giro. E le ridicole palle di pelo saltano come delle gazzelle.
A me nel primo anno Shushu costò:
300 euri di monitor del computer causa pipì e cortocircuito globale.
50 euri di riparazione stampante intasata da sostanze di produzione cincillesca.
Sostituzione di svariati volumi di libri e fumetti rosicchiati.
Sostituzione di vari cavi elettrici.
Le conseguenti svariate spese veterinarie per svuotare il topo intappato.

mochi

Come si divertono, le benedette bestiole? Condividono le abitudini dei roditori plebei – tipo correre sulla ruota, ammassare bambagia e imbottirsi le guance di scemenze – o prediligono divertimenti più altolocati? Tipo, non lo so, il badminton.

I cincillà (non per niente detti anche “gioielli dell Ande”) snobbano i divertimenti del roditore standard. Appena vengono liberati dalla loro gabbia-residenza corrono via ebbri di libertà e si nascondono sotto il divano. Per stanarli basta collocare sul pavimento oggetti potenzialmente letali se ingeriti, tipo gommapiuma, tubetti di colore, cavi in cui passa la corrente, sigarette e altre sigarette. Oppure oggetti di valore. Molto gradite le banconote. Da 50 euro in su. Ogni tanto colti da raptus di non si sa bene quale origine escono improvvisamente correndo da sotto il divano e rimbalzano su vari oggetti e mobilia prima di fermarsi con aria stupita. Altre volte girano la stanza curiosando alla ricerca di qualcosa da danneggiare. Immaginate un po’ dei gremlin carini come prima di aver mangiato dopo mezzanotte ma con la stupida  molestia dei gremlin brutti dopo la trasformazione.
La massima passione di Shushu, che più che un divertimento è una vocazione da capitano Ahab, è cercare di uccidere il mio compagno, incurante dell’ impari stazza. Sono anni che sta perfezionando la strategia che consiste nell’accerchiarlo (Shushu è talmente figo che è in grado di accerchiare da solo), recidergli i garretti e una volta steso a terra strappargli la giugulare. Confido che un giorno ci riuscirà.

ShushueRinn

Fai del tuo meglio per descrivere la morbidezza sovrannaturale del cincillà. Insomma, come ci si sente a coccolare un cincillà?

E qui sta la fregatura. Perchè il cincillà ODIA farsi coccolare.
“Lasciami stare bruto con quelle mani che mi rovini il pelo!”
Puoi o ghermirlo senza pietà come un cono gelato e coccolarlo che lui lo voglia o meno fino a che divincolandosi come una trota salmonata non riuscirà a liberarsi, oppure fargli i grattini sotto il mento che gradisce assai. Da un paio di anni Shushu si lascia fare le carezzine sul suo morbidissimo e tondo pancione da Totoro. E questa si che è una soddisfazione.
Il pelo di cincillà è più morbido di una nuvola del mondo dei minipony.
La coda del cincillà che sembra super fluffy è tipo di paglia.

Capiscono qualcosa o sono stupidissimi?

La seconda.

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A livello pratico – domanda per gli amici a casa, come direbbe Barbara D’Urso – che cosa bisogna fare per accudire un cincillà?

Non abbassare mai la guardia. La scemenza autolesionista del cincillà è sempre dietro l’angolo.

Ai cincillà si fa il bagno o si portano a lavare in pellicceria?

Il cincillà per pulirsi il pelo si impana come una cotoletta alla milanese nella sabbia.
Non ho ancora avuto il coraggio di sostituirgli la pregiata sabbia di fiume di sticazzi in cui si rotolano con una secchiellata di glitter perché non ho ancora scoperto se questo possa in qualche modo essere dannoso ma non so quanto ancora potrò resistere. Se qualche veterinario leggesse e avesse LA RISPOSTA mi faccia sapere.
Se no comunque hanno avuto una vita lunga e piena… Ci sono morti peggiori che morire di glitter…
Nella pellicceria un giorno ci libererò Shushu e giustizia sarà fatta.

A parte tutto, un cincillà regala la felicità?

In dodici anni che bazzico i cincillà posso dire che non c’è stato un singolo momento, per quanto grigio, anche quando il lavoro, il parentado e la vita congiurano per farti avere un esaurimento nervoso, in cui guardandoli fare le loro cose sceme non mi sia trovata a sorridere.

:3
Lunga vita e prosperità.
Anzi, lunga vita e cincillà.

CompleLuz