La SHOPPER è una menzogna
Dopo I jeans non sono la Svizzera, sono finalmente riuscita a trovare un nuovo fashion-concetto capace di agitarmi. Non è una roba importante, ve lo dico subito. Si può stare al mondo lo stesso, senza questa illuminata riflessione sulle borse grandi e su come le chiamiamo. Vi dirò, ero indecisa. Ho pensato, che faccio, un post sulle leggi di Keplero – ci sarà qualcuno là in giro che ha voglia di sapere perché le orbite dei pianeti sono ellittiche, o no? – o faccio un post su come si chiamano le borse?
Eh.
Perdonami, Johannes.
Bene.
In queste tormentose giornate, mi sono impegnata a fondo per trovare una borsetta nera di dimensioni medie – possibilmente di pelle e non troppo noiosa – per sostituire l’unico, tragico e decrepito secchiellino che possiedo. Partendo dal presupposto che tutto quello che mi piace costa troppo e che, dramma nel dramma, non mi piace quasi niente, con la borsa nera media ho combinato poco. Non si trova, va bene? Se ti fanno schifo i bauletti sei a piedi. Se vuoi una roba coi manici corti puoi correre in spiaggia a scrivere CIAO sulla sabbia, con le scimmie che ti lanciano le noci di cocco dalle palme. L’universo, pieno zeppo di orbite ellittiche, è ostile alle borse medie nere. In compenso, però, c’è un gran fermento sul fronte borse-giganti. Solo che non si chiamano semplicemente “borse grandi” o “maxi borse”. La denominazione prevalente – e molto YEAH – per le borse grandi che le donne con molte cose da trasportare si mettono in spalla è SHOPPER.
Ora, io non sono né una studiosa di fashion-semiotica né un’acerrima nemica dell’utilizzo dell’inglese nella vita quotidiana degli umani di madrelingua non-inglese, ma posso compensare cercando di metterci un po’ di immaginazione. Ho immaginato, per esempio, che la SHOPPER si chiami SHOPPER perché, per dimensioni e concetto di base, è un’evoluzione della sporta della spesa. Che c’è di grosso, facile da usare e incline a farsi riempire all’inverosimile di roba? La borsa della spesa.
Fantastico.
Però, c’è un però. Perché a me vengono in mente delle altre cose. Tipo. C’è un’indiscutibile associazione tra SHOPPER e SHOPPING. Per gli anglofoni, SHOPPING vuol dire anche andare a comprare i pomodori. Noi diciamo che si va a fare la spesa, se vogliamo dei pomodori, ma per loro è tutto un bellissimo fare shopping. Noi, col fare shopping, intendiamo che si esce per comprare della roba che non è da mangiare, per farla semplice. Lo shopping, se non avete un po’ timore delle folle e il caos non vi terrorizza, è un’attività dall’accezione positiva. Perché se uno va a fare compere vuol dire che se lo può permettere – con le dovute proporzioni – e che, auspicabilmente, tornerà a casa con una roba nuova che gli piace, che gli serve e che gli sarà utile. Che è bene, secondo me. Il fatto che la benedetta SHOPPER sia associata a questa attività gratificante, produttiva, benefica per l’economia nel suo complesso e anche fantastica sul piano aerobico, però, per me è un mistero.
Perché io la borsa grande non la associo a un momento ricreativo e gironzoloso, a un momento di galvanizzante autostima – magari anche ingiustificata – legata al proprio potere d’acquisto. Ma per niente. Perché io la borsa grande la uso per sopravvivere a una giornata in ufficio. Ci passo la settimana, a trascinarmi sulla groppa una borsa grande/SHOPPER. Ci vado al lavoro e ci metto dentro un sacco di cose che mi servono per non perire fuori di casa, in un luogo dove chiunque abbia un po’ di fantasia e spirito di conservazione non vorrebbe passare neanche un’ora del proprio tempo. Ho un libro, l’acqua, l’agenda, l’astuccio, centoventi mollette e pinze dei capelli, pacchi di Tampax, il caricabatterie, pterodattili di plastica, creme per le mani, fazzoletti a carrettate.
Senza scarpe potrei quasi farcela, ma senza SHOPPER piena di generi di conforto no.
Il fatto che si chiami così, dunque, mi riempie di problemi. Perché si chiama come qualcosa che succede nel weekend, ma io la uso soltanto durante la settimana, che ormai è una specie di Golgota all’incontrario. Anzi, la denominazione mi getta nell’agitazione più totale perché nel weekend non ne voglio sapere di borse grandi. Zero. Addio. Al rogo. Se esco, se faccio passeggiate e, SOPRATTUTTO, SE VADO A FARE SHOPPING, la borsa grande è una maledizione. E’ come liberare uno schiavo senza levargli le catene dai piedi. E’ peggio che salvarsi dalle rapide per poi accorgersi che a cinque metri c’è una cascata che precipita fino al centro della terra. E al centro della terra c’è il tuo ufficio. Perché la SHOPPER è scomoda, quando si fa SHOPPING. Pesa, ingombra, scivola dalla spalla, se devi tirare fuori qualcosa ci devi cacciare dentro il braccio fino all’ascella, e arrivi all’ascella solo perché il braccio non è più lungo di così. E, tanto per stare al passo con le stagioni, se hai un cappotto serio e una SHOPPER acquisti all’improvviso il volume di un corpo celeste capace di avere dei satelliti tutti suoi (perdonaci ancora, Johannes). Se vedi che un negozio è troppo angusto e/o affollato non ci entri neanche, ti sembra di essere troppo grossa per muoverti con ragionevole destrezza e relax in un posto del genere. Le shopper hanno decapitato bambini.
Ecco perché stavo cercando la borsa nera media del secolo. La borsa perfetta che ti consente di dimenticare che sei un mulo, un affare che ti puoi appendere nell’incavo del gomito senza tornare a casa con la scoliosi e il deltoide del Re Scorpione. Una borsa da usare per svago che sia a sua volta un oggetto capace di svagare. Perché a nessuno piace trascinarsi per la strada con le borse della spesa. E non è che se le borse della spesa le chiami SHOPPER diventano più leggere, anzi, rimangono comunque un mucchio di pietra che soffoca il tuo cuore di passerotto prigioniero.
Che fare, allora? Non vedo soluzione.
Un valletto?
Un camper, per sentirmi sempre a casa?
Una svolta minimalista?
Una svolta Into the Wild, gettando alle ortiche ogni bene terreno?
Boh. Nel dubbio, visto che non ho trovato la borsa media dei sogni, io una SHOPPER nuova me la sono comprata. C’era lo sconto. E’ di panno glitterato, è adorabile e ci stanno dentro tutti i miei generi di conforto. Non sarà leggera, ma almeno è un po’ fru fru, il che spero riuscirà a levare qualche sasso dalla cassa toracica del passerotto cianotico. Non starai meglio, tenero volatile spiaccicato, ma i luccicotti consolano. Almeno un pochino.
-2 Comments-
Hmmmm nera, media, nell’incavo del gomito… Longchamp (Le pliage o Planète) anyone?
Un bacio enorme, tipo che me fai morì.
Non mi garbano le Longchamp 🙁
Però grazie 🙂