Il Corriere dell’Alpaca – CIU’
Impietosito, Amore del Cuore ha deciso di regalare uno STUPEFACENTE logo al Corriere dell’Alpaca. Io, per rendere più ameno il processo creativo, gli ho messo una coperta di pile sulle spalle – piena di pelo di gatto – e gli ho portato un gin tonic senza ghiaccio, che ci dimentichiamo sempre di fabbricare i diamine di cubetti. Che qualcuno ce lo ricordi. Anzi, verso le otto di sera, di tanto in tanto, twittatemi un “Tegamini, i ghiaccetti ci sono?”. Riceverete in cambio soltanto una qualche bestiola della gratitudine, ma il vostro deposito di karma positivo lieviterà come una pagnotta.
Sono di una felicità sfavillante.
IL CORRIERE DELL’ALPACA – CIU’
L’indispensabile indice
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Una Tegamini-intervista per The Wedding Circus
Fulminee bollicine da Pronovias
Il criceto-meccanico: una Bestiola-per-Temporeggiare
Tim Walker fa le foto alle sirene
Libri belli in velocità: Una storia per l’essere tempo di Ruth Ozeki
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Una Tegamini-intervista per The Wedding Circus
Le Matrimoniadi imperversano. Finirà che per l’eccesso di aspettative andremo a sposarci in comune con su i jeans, una maglietta bianca e le ciabatte di gomma, ancora più dimessi di Carrie e Mr Big al secondo tentativo. Per adesso, però, conservo un insospettabile spirito battagliero e chiacchiero senza posa di romanticherie e preparativi. Perché è uscita una nuova Tegamini-intervista! Francilla di The Wedding Circus – il sottotitolo fantastico al suo lavoro, altrettanto fantastico, è “Ultracontemporary Wedding Planners” – mi ha fatto un po’ di domande sulla storia di Tegamini, su quello che combino e sulle Matrimoniadi. Chi volesse leggere, trova tutto qui:
E questo è l’alpacacorno rosa arcobalenante che Francilla mi ha donato. Che qualcuno me lo metta su un gonfalone.
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Fulminee bollicine da Pronovias
Portate pazienza con le Matrimoniadi, luglio è vicino.
Sabato, scoperchiando la bocca dell’inferno, io e MADRE visiteremo uno sfarzoso atelier piacentino per vedere se c’è qualcosa che mi entra. Non mi sono ancora provata niente, e sospetto sarà un’esperienza rivelatoria e spaventosissima. E imbarazzante, anche, visto che possiedo solo mutande nere. Nel frattempo, però, i super seriosi di Pronovias mi hanno invitata al loro press pomeriggio + cocktail. Solo che io al press pomeriggio non sono riuscita ad arrivare – timbrare il cartellino, la gioia dell’uomo postmoderno – e mi sono presentata verso le otto, dritta dritta dal lavoro e reduce dalla traversata in treno. Ora, non so voi, ma io alla mattina è già un miracolo se riesco a scendere la scala del soppalco senza fratturarmi scompostamente le tibie, figuriamoci se posso organizzare un AUTFIT con trucco coordinato in grado di sopravvivere alla giornata e farmi somigliare a un essere umano anche verso sera. Pace, ho pensato, gli abiti li voglio vedere lo stesso. Che anche la gente con dei problemi ha bisogno di andarci vestita, al proprio matrimonio.
Comunque, approdo alla boutique conciata come un procione che ha attraversato l’autostrada per miracolo. C’è un tappeto bianco, un bar tutto lucido, tavolini, PUFF, camerieri dalla schiena drittissima. Ci sono donne fresche di parrucchiere, donne col cappello, donne col tacco, FESCION BLOGGHER che si abbracciano e uomini super leccati. In mezzo al negozio, torreggia Eva Riccobono con un vestitino dorato, senza calze e senza maniche. Eva Riccobono è alta due metri e dieci, non sto scherzando. Sembrava una gigantesca cicogna d’oro appena atterrata su un mucchio di abiti da sposa. Terrorizzata dalla mia stessa inadeguatezza, afferro un bicchiere di bianco e mi apposto vicino a un manichino. Ci sono perline e strascichi da tutte le parti. Faccio delle foto, guardo i corpettini belli e mi domando perché le gonne non siano un po’ più poffose. Mi domando anche che cosa ci facciano lì tutte quelle carampane, che come minimo hanno preso marito una quarantina d’anni fa – e con una fisionomia completamente diversa. Vorrei gridare a tutti che io mi devo sposare per davvero, nonostante l’aspetto da orfanella di Dickens, ma mi manca il coraggio e fuggo nella notte. In piazza San Babila, mi accorgo che non ho più moneta per il biglietto della metropolitana. Anzi, non ho proprio più soldi e, anche se andassi al bancomat, la macchinetta vendibiglietti non potrebbe darmi il resto di 50 euro. E niente, sono andata a casa a piedi, come la sguattera di Eva Riccobono.
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Il criceto-meccanico: una Bestiola-per-Temporeggiare
Io la farei diventare una tradizione. Una bestiola nuova per ogni Corriere dell’Alpaca. Perché il vostro archivio merita una rinfrescata, non si possono mica dire le cose sempre con le stesse creature.
Molto bene, oggi ci faremo aiutare da un criceto in uno strano macchinario, una validissima aggiunta all’imprevedibile manipolo delle Bestiole-per-Temporeggiare. Siete in ritardo? Non siete in ritardo ma vi assillano comunque? Vi molestano, ma voi non avete ancora le idee chiare? Rispondete con una bestiola assurda e insensata. Nel vano tentativo di comprendere che cosa sta succedendo, il vostro interlocutore si paralizzerà, smettendo finalmente di tediarvi.
(via questo posto qui)
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Tim Walker fa le foto alle sirene
Cielo, sono abbagliata dall’inquietante bellezza di questa cosa che ha fatto Tim Walker per W di dicembre. Ha preso Kristen Mcmenamy – che sembra sempre lì lì per tirare le cuoia, soffocata da una cianotica disperazione – e l’ha cacciata in una vasca vittoriana super arrugginita, con tanto di coda da sirena, orecchino-perla da naso, alghe e acqua sporca. Non so perché – presumo per la coerenza del maestoso servizio con la favola originale della Sirenetta, che è una tragedia orripilante e sanguinaria -, ma sono ipnotizzatissima. E niente, volevo dirlo pure a voi. Per chi ha voglia, qui ci sono tutte le foto.
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Libri belli in velocità: Una storia per l’essere tempo di Ruth Ozeki
Leggo in fretta e leggo un sacco di cose. Molte non sono “Tegaminiche” come vi immaginereste, ma sono comunque degnissime di attenzioni e, spesso, c’è poco tempo per parlare di tutto. Il Corriere dell’Alpaca potrebbe servire anche a questo: libri belli da farvi conoscere in velocità. E non perché siano meno meritevoli di altri e non valga la pena farci su una recensione superlunga, al contrario. Essendo estremamente meritevoli, mi arrabbierei come un treno a consigliarveli con una roba un po’ zoppa e sbilenca, e soltanto perché vado di fretta. Eccoci qua, allora, consigli rapidi per affetti da sviluppare con altrettanta fulminea foga.
Comincerei con madama Ruth Ozeki e il suo Una storia per l’essere tempo, di Ponte alle Grazie (traduzione di Elisa Banfi). Ma è proprio un bel romanzone, ecco. Funziona su due piani temporali diversi, che sono anche due universi che, all’apparenza, non hanno nulla in comune, se non fosse per uno strano pacco ritrovato sulla spiaggia di un’isola sperduta. Sull’isola abita Ruth, scrittrice in crisi. Nel pacco, affidato all’oceano chissà come e chissà quando ci sono un diario, delle lettere e un orologio da kamikaze della Seconda guerra mondiale. Il diario è di Nao, una liceale appena tornata in Giappone, un paese dove si sente più straniera del primo turista che passa. Ha sempre vissuto nella Silicon Valley, dove aveva una vita felice, una casa grande e un sacco di amici. Suo padre, però, programmatore supergenio, viene licenziato all’improvviso ed è costretto a rimpatriare, senza un soldo in tasca. Nao affida al diario ogni genere di terrore: dalla depressione di suo padre alla angherie scolastiche, dai problemi di adattamento a una cultura che non sente sua – perché non le è mai veramente appartenuta – alle storie di una famiglia bizzarra e illustre. Ruth legge, indaga e si immerge sempre di più nella storia di Nao, stabilendo un collegamento che supera il tempo, lo spazio e il destino. Diamine, è una storiona. Ed è anche molto difficile da mettere giù, una volta che iniziate. E non temete, il tono ridacchiante-kawaii delle prime pagine di Nao non dura molto, perché poi sull’isola di Ruth arriva un corvo che con quel posto non c’entra proprio niente .
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Baci e carinerie, perbacco. Al prossimo Corriere dell’Alpaca!
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