Le vestitiadi
Non ce l’avevo ancora avuto un amico del cuore che si sposava. Anzi, nella vita sono andata solo a due matrimoni, sempre di parenti e sempre quand’ero piccola. In entrambe le occasioni, MADRE aveva deciso d’infagottarmi nell’uniforme festiva d’ordinanza: vestina bianca con manicotto a sbuffo, colletto tondo di pizzo – coordinato a candidi calzerotti altrettanto arzigogolati – e paperine di vernice col cinturino alla caviglia. Roba che ti sporcavi anche solo a guardare un prato, ma sembravi tanto una bambina come si deve. Ecco, questa cosa di MADRE che mi veste per andare ai matrimoni è una parabola ormai giunta al termine – con grande sollievo di tutti -, ma non per questo la situazione è migliorata. Anzi, indecisione, ansia e polpacci pallidissimi hanno trasformato la ricerca dell’AUTFIT appropriato in un tifone fosforescente fatto di disperazione e caos.
Credo dipenda da alcuni buffi fattori antropologici.
Tanto per cominciare, sto diventando una fan della comoda onniscienza dell’acquisto online. Cosa che, mescolandosi a una sana misantropia e all’agitazione che mi assale in corso Vittorio Emanuele il sabato pomeriggio, mi sta rendendo ancor più incapace di organizzare un normale giro di shopping senza essere azzoppata dall’atavico dubbio del “ma magari fra venti metri c’è il vestito dei miei sogni, e io son qua come una cretinona che compro quest’altra cosa”.
Sull’onda dell’entusiasmo virtuale, ho fatto finta di impegnarmi per il matrimonio ordinando 0.019 metri cubi di roba su Asos. La bolla diceva così: 0.019 metri cubi. Ma di aggeggi a caso, perché sono una gallina e mi lascio ipnotizzare dalle newsletter coi banneroni degli sconti. Che se lo scoprivo prima facevo anch’io come le tizie di Pazzi per la Spesa e andavo a schiacciare tutti i bottoni-sconto di CoupoNation finché poi era Asos che mi doveva dare dei soldi. Comunque, ho finto di accessoriarmi per il matrimonio con gli 0.019 metri cubi di borsine e gingilli, rimandando a un futuro remoto il ben più pasciuto problema vestito-scarpe.
Ma la gioia. La gioia.
Poi succede che mancano tre giorni al matrimonio di questo tuo amico che ami molto e sei in mutande. E non puoi riciclare niente, che nell’armadio hai solo stracci neri e assurde magliette dei supereroi. E piove da una settimana. Anzi, è una settimana che ci sono i monsoni e te vuoi solo sdraiarti sul divano e spazzolare il gatto. Comunque, alla fine mi sono vestita e sono uscita… ma solo dopo aver passato un quarto d’ora allo specchio a simulare un travolgente entusiasmo.
IEEEEEEE. Far fatica e spendere milioni. Sotto la pioggia. Dove c’è la gente. IEEEEEEE.
Ora, ci sono diverse cose che bisogna accettare quando c’è da comprare un indumento dignitoso.
– nulla di quello che puoi permetterti ti starà bene.
– tutto quello che ti sta bene non è adatto alle circostanze.
– se trovi delle scarpe belle che c’entrano anche con l’AUTFIT, i piedi inizieranno a farti male già nel negozio.
È l’implacabile triade del “ma perché non posso essere una ricca ereditiera dalla caviglia di cristallo che partecipa solo a balli in maschera”. E con l’amarezza nel cuore e l’ombrello appeso al braccio sono scesa a Porta Genova. E per fortuna che mi ero messa gli stivalini comodi. Ecco l’agile riassunto di tutta la strada che ho percorso, sola con la mia confusione, in un sabato pomeriggio pieno di nuvoloni.
– Porta Genova > Corso Porta Ticinese. All’inizio di Ticinese mi son provata una cosa che mi stava perfettamente e aveva pure un bellissimo colore e la gonna tutta imbottita di tulle salterino, ma vorrai mica comprare il primo vestito che ti provi, no? Dov’è andato a finire il tuo spirito d’avventura?
– Corso Porta Ticinese > Via Torino. Nulla da dichiarare, se non commesse che si ostinano a dirti che i dettagli fluo ti donano un casino.
– Via Torino > Piazza Duomo > Rinascente. Alla Rinascente, ormai scoraggiata e in preda al panico, sono andata al piano delle donne ricche. E mi sono provata questo Vivienne Westwood Anglomania con delle rose straordinarie e una gonna dalle pieghe morbide e super coreografiche. La 40, mi han dato. E ci entravo, cerniera chiusa e tutto. Dame Vivienne dev’essersi rincoglionita, se scrive 40 sull’etichetta di una roba che va bene a me. Comunque, convinta di non meritarmi una taglia così lusinghiera, ho chiesto alla commessa-portavalori (tutte le commesse di quel piano, se chiedi un vestito, te lo sbullonano da un attaccapanni con una chiave con sei combinazioni, ve lo giuro) se c’era la misura in più, che magari stavo più comoda e potevo anche piegare il busto fin quasi a trenta gradi. Mi spiace, qua non c’è, ma se vai alla boutique di Corso Venezia magari lo trovi.
– Rinascente > Vivienne Westwood, Corso Venezia. Ormai convinta di poter spendere 400 euro per sfoggiare a GELA una mise Anglomania, irrompo nella boutique, mi provo la 42 e scopro che mi sta malissimo. Ma all’improvviso. Un capolavoro che si trasforma in un lenzuolo di quelli che la gente appende al balcone finché non diventa grigio topo, tanto per far vedere al sindaco che in strada c’è lo smog. E mi ero anche già preparata tutta una serie di alibi psicologici per giustificare la folle spesa. Non è una folle spesa, è un investimento. Un vestito vero, nella vita, bisogna pur comprarselo, prima o poi. Lo userai per decenni. Anzi, ti ci farai anche seppellire.
– Vivienne Westwood, Corso Venezia > Corso Porta Ticinese. Ebbene sì. Sono tornata al primo negozio. A ventisei chilometri di distanza. Ormai stremata, con le calze centomila denari e gli stivali sfasciati mi sono riprovata il vestito che avevo trovato subito, ma che “figurati, vuoi che ti vada bene al primo colpo? Vaghiamo per altre quattro ore”. Mai sfidare il volere degli dèi.
Ma facciamo del bizzarro fashionblogghismo, và.
foto inviata ad Amore del Cuore per ottenere incoraggiamenti e approvazione.
il sopracciglio aggrottato e la posa marziale (con tanto di pugno serrato) servivano a intimidire… che si sa, anche il linguaggio del corpo ha una sua importanza. insomma, o ti piace o ti piace, Amore del Cuore.
il vano tentativo di abbinare una calzatura comoda e cromaticamente adeguata.
le volevo verdi, o super rosa. ma l’unico colore amato dai negozi era l’inutile turchese.
la borsa grigia, quella lì adorabile a sinistra, l’ho comprata apposta. e non ha niente a che fare né col sandalone da rinoceronte né col lancio di granate primaverili che succede sul vestito. però, è venuta buona la POSCETT di Asos, in un EPICWIN senza precedenti.
non sono in grado di gestire tutti questi colori.
Stremata dal processo d’assemblaggio dell’AUTFIT e traboccante di un rispetto assolutamente inedito nei confronti delle fashion bloggerS che a fare queste cose infernali ci passano le giornate, ho assistito con orgoglio e fierezza allo sposalizio. E l’unica foto che ho è questa. In effetti, dopo un tale impegno, potevo pretendere un ritratto più serio… ma poi, si sa, hanno aperto il bar ed è andato tutto a farsi benedire.
mimetismo e mattoni.
***
ed ecco i canonici cosa e chi, diamine
vestito – Sinequanone (per intercessione delle divinità del cielo)
sandalazzo – UGG (ve lo giuro. ora fanno i sandali. e sono comodissimi)
borsa – River Island (EPICWIN! lo griderò per sempre)
sciarpetta copri-vergogne da chiesa – Mango (comprata in stazione due ore prima di partire)
ma soprattutto, viva gli sposi!
-5 Comments-
Credo che sia una qualche legge di Murphy: se devi andare ad un matrimonio devi sfiorare il tracollo emotivo, scarpinare per tutta la città (e siamo a MIlano, pensa come stanno messi, chessò, a Voghera) e spendere il doppio di quanto preventivato o ripieghi su un abito acquistato 5 anni prima e indossato soltanto ad un altro matrimonio. Nonostante tutto sei stata molto fortunata!
Ps. All’idea di una vestito VW a Gela ho riso tantissimo
GELA, io ti porto Anglomania!
[…] già cosa mettermi (si ipotizzava un virtuoso riciclo di quanto faticosamente acquistato durante le Vestitiadi), che mi sembrava una roba carina da dire. È come quando chiedi a qualcuno di poter portare un […]
oh ma uffi, ora che vivo a Milano cerco tutta gasata il negozio di questo stupendissimissimo vestito e scopro dalla pagina fb che cambia nome e marchi… ho un tempismo encomiabile.
Sinequanone continuano a tenerlo, lì da Guendalina in Ticinese… giuro. Ci sono stata due giorni fa 🙂 Solo che ormai quello lì è vecchio e non ce l’hanno più.