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Atletico Minaccia Football Club: intervista a Marco Marsullo

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I libri divertenti sono molto necessari. Almeno, a me i libri divertenti servono moltissimo. Mi riposano. Mi fanno delle sorprese. Mi scarrozzano in posti improbabili. Si fanno leggere in fretta e lasciano quella piacevole sensazione di contentezza cicciottella che, di solito, sopraggiunge appena dopo aver mangiato uno di quei cioccolatini giganti al RUM. Dovrei leggerne di più, di libri divertenti, dovrei mettermi in piedi su una bianca scogliera e gridare alla vastità degli elementi una roba tipo “leggetevi un libro divertente, ogni tanto!“.
Ecco.
Vi griderei anche qualcosa sull’Atletico Minaccia Football Club di Marco Marsullo, che è uscito da poco per Einaudi Stile Libero rallegrandomi quasi quanto mille foto di cuccioli molto piccoli. Potevo mettermi qua a far fatica, ma poi ho pensato che magari era più bello per tutti quanti se a dirvi delle cose ci veniva il Marsullo in persona. E allora gli ho fatto un po’ di domande. Qualcuna è seria, qualcuna per niente. Lui però è sempre impeccabile. Insomma, divertitevi qua e divertitevi col libro.

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Messer Marsullo, direi di procedere con ordine e precisione. Che faceva prima di diventare un giovane scrittore?

Studiavo con scarso profitto all’università, facoltà di giurisprudenza: media del 21.9. Un salasso dell’anima. Poi una mattina Einaudi mi ha chiamato e sono diventato, automaticamente, un giovane scrittore.

Lo sa, vero, che sarà considerato un giovane scrittore fino ai cinquant’anni (indipendentemente da come se li porta)?

Lo so, da queste parti è così. Infatti io mi definisco, talvolta, uno “scrittore liquido amniotico”, a 27 anni giovane è pure troppo.

Il suo libro è pieno zeppo di gente che piglia a calci il pallone. Lei come se la cava?

Sono un difensore centrale senza fronzoli. Per me palla e gamba sono la stessa cosa. Chiaro: non entro mai duro per far male apposta, però può capitare. Diciamo che ho dovuto sopperire con il cuore ciò che madre natura non mi ha dato nei piedi. Ah, e sperdo (quasi) sempre il pallone fuori dal campo quando faccio un tiro al volo.

Scusandomi in anticipo per lo sfoggio di stereotipi, c’è una vicenda che mi stupisce. Che cosa spinge un napoletano a tifare Milan con travolgentissima passione?

Quando ero piccolissimo (5 anni) mio zio mi chiese quale fosse il mio calciatore preferito. La risposta fu Van Basten. La conseguenza fu AC Milan. E per fortuna, amo la mia squadra in modo viscerale. PS: Forza Lotta / Vincerai / Non ti lasceremo mai!

Come devo comportarmi con la mia maglietta di Ibrahimovic, ormai obsoleta?

Be’, io Ibra lo rispetto. Nel senso: lui è un mercenario, lo ammette, lo ha sempre dimostrato. Ma mercenario non in accezione negativa, come tanti calciatorini che si baciano la maglia e il giorno dopo trattano con altre squadre per guadagnare il doppio. Zlatan è così: non fa promesse, non si innamora, in campo dà tutto per i suoi colori del momento. Poi dopo un paio d’anni se ne va, cambia. Devo tanto a lui e ai suoi gol. Gli voglio bene, possiamo dirlo.

Continuo ad essere invaghita di Zvonimir Boban, dovrei preoccuparmi? È bello pure il nome: ZVONIMIR.

Anche io ho un problema con Zvonimir “Zorro” Boban. Era un numero 10 fantastico, un giocatore geniale. Lo amo ancora, infatti quando lo becco a commentare in tivù mi impallo lì davanti a fissarlo. Grazie, Zorro.

Un giorno si è svegliato – magari anche un po’ tardi – e ha deciso che avrebbe scritto un libro. Insomma, da dove viene l’Atletico Minaccia?

Viene da un’intuizione. Una sera guardavo Mourinho in televisione e in venti secondi si è materializzato Vanni Cascione (il mister sfigato dell’Atletico Minaccia). Il resto è venuto fuori in tre mesi, una storia che si è davvero scritta da sola. E poi l’Atletico è la squadra che tutti vorrebbero vedere in campo: non ortodossa ma piena d’onore, un’accozzaglia di pazzoidi con i tacchetti ai piedi.

Giocatore preferito dell’Atletico Minaccia. (Io adoro il quarantenne che in carriera ha superato la metà campo solo tre volte).

Voglio bene a tutti, però ne ho due. Peppe Sogliola, il centravanti, perché lui è il vero trascinatore, quello che più di tutti salva la panchina di Cascione in più riprese. E Sasi Mocciardi: il numero 10 arrogante e presuntuoso, col suo tatuaggio del “Pocho Lavezzi che si ammocca (bacia, per i non napoletani, ndr) con la Madonna” che gli ricopre la schiena. Ecco, lui mi è piaciuto proprio scriverlo, quando lo rileggo rido io per primo di gusto.

Tifoso preferito dell’Atletico Minaccia. (Io voto Renetta. E deve anche sapere che ero in treno, quando mi sono imbattuta nella meravigliosa storia del soprannome del Renetta. Ero in treno e ho riso da Asti a Milano Centrale, suscitando la curiosità di tutti i consulenti incravattati che mi circondavano e facendole così vendere almeno dieci copie, controllore compreso).

Michele Caputo: l’ex ultrà del Benevento che, senza nessun motivo, comincia a diventare folle dell’Atletico Minaccia Football Club. Però a Renetta e Caracas voglio proprio bene, come due amici.

Mourinho l’ha ricevuto, un Atletico Minaccia?

Gliene abbiamo mandata una copia, sì. Sono quasi sicuro che quando l’ha ricevuto, ha detto: “Marsullo? Non lo cunosco. Io cunosco Marzulo, presentatore tivù, marsupio, borza per purtare ojetti, ma Marsullo non lo cunosco”.

Consigli un bel libro alle nuove generazioni.

“I frutti dimenticati”, di Cristiano Cavina. Commovente e sincero ritratto del rapporto padre-figlio, e delle sue difficoltà. Oh, anche io riesco a essere serio, ogni tanto.

Lei da cucciolo che cosa leggeva?

Ho letto poco, e questo, seriamente, è il più grande rimpianto della mia vita. Ho iniziato con Paulo Coelho a 17 anni (!!!), poi ho incontrato (il primo) Ammaniti. Non proprio due cose accostabili. Da lì ho capito cosa mi piaceva.

Ma i calciatori, scrivono e basta o leggono anche qualcosa?

Non saprei, credo qualcuno legga, non sono così capre come sembra. Mi piace immaginare che qualcuno prenda (o gli venga regalato, va’) il mio Atletico Minaccia. Si farebbero un sacco di risate.

Fifa o PES? Ma soprattutto, che ci trovate in quelle robe lì?

Fifa, rigorosamente Fifa. Da più piccolo ero un accanito giocatore di PES (l’allora: Winning Eleven), ma da un paio d’anni (da quando, in pratica, ho preso l’Xbox) Fifa ha divorato il suo concorrente. Non c’è più partita. In “quelle robe lì” ci troviamo la cosa più sacra e forte che fa di noi uomini, Uomini: la Sfida. È tutto lì.

Fornisca alla popolazione italica qualche buon motivo per leggere il suo romanzo.

Fa ridere, fa pensare, fa appassionare alla vicenda, umana e non solo calcistica (le migliori recensioni le ho avute da donne, ad ora!), di questo allenatore scalcagnato, Vanni Cascione, un po’ canaglia e un po’ sognatore. E poi c’è il rapporto con sua figlia 14enne, che in tutto il romanzo è una specie di filo di Arianna che condurrà alla fine con una soluzione. Ma soprattutto, e vi parlo col cuore: l’ho scritto con tutta l’onestà e la sincerità del mondo. Volevo solo raccontare una storia, ho provato a farlo nel modo più vero possibile.

E ora, che cosa accadrà? Il tour promozionale le spezzerà per sempre le gambe o ha già in mente delle nuove storie?

Dopo i primi giorni in libreria posso dire solo una cosa: non ci sto capendo niente, e non me lo aspettavo. Ricevo ogni giorno messaggi via mail, su Twitter, su Facebook, dove tantissimi sconosciuti (gli amici l’hanno già preso, eh) mi fanno i complimenti e dicono di aver letto/preso il romanzo. Uau. È tutto stupendo. Poi sono stato a “Quelli che il calcio” e mi sono divertito un sacco. Diciamo che è una lavatrice, per ora. Ma detto questo: sto scrivendo il romanzo di dopo, sono a un ottimo punto, non dimentico mai una cosa: io sono uno che racconta storie. È la cosa che più mi piace fare. Non smetterò facilmente.

Per concludere, vorrei ricordarle che una volta, su Twitter, mi ha mandato un DM che così recitava: FIDANZIAMOCI IA’! Così, senza nemmeno un ciao.

Ti risponderò con una citazione finale di uno dei miei film (e romanzi) preferiti: “Mi hai conosciuto in un momento molto strano della mia vita”. E in ogni caso, Francesca: “Fidanziamoci, ià!”. E il “Ciao” lo aggiungo ora. A te e ai tuoi lettori. Stare su Tegamini è il mio sogno fin da quando non ero ancora un giovane scrittore einaudiano. Adelante! E grazie.

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