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Gennaio 2011

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pistrine

Se ti tagli una tibia, cadendo da un gradino come una voluminosa oca, ti ritroverai seduta per terra con in mano un flacone d’acqua ossigenata e la testa affollata da ricordi e domande. Ti chiederai se i giganteschi frammenti di calza rimasti intrappolati nella ferita finiranno per scatenare una cancrena che provocherà l’amputazione del tuo utile arto, appena sotto il ginocchio. Ti chiederai anche, sempre che la gamba si salvi, se ti rimarrà il segno. Ti chiederai se devi in qualche modo intervenire nel processo di cicatrizzazione o se il tuo unico incarico sarà di non rompere le balle, lasciando che la natura faccia saggiamente il suo corso. Ma più di ogni altra cosa, ripenserai alle eroiche piastrine di Esplorando il corpo umano.

Un buon 90% di quel che so del mio organismo e di quello del mio prossimo si fonda su Esplorando il corpo umano. Non ne vado fiera, ma neanche mi vergogno. Mi vergogno solo di non aver mai avuto la santa pazienza di montare tutto lo scheletro, quello sì. Un giorno, non si sa come, lo stomaco è andato perso e da lì è iniziato lo sfacelo. Scapole ciondolanti, piedi al contrario e via così, non c’era più motivo di continuare. Nonostante la sconfitta modellistica, videocassette e fascicoli hanno plasmato la mia giovane mente, trasformandomi in una venticinquenne che ancora si immagina i mitocondri come dei fornetti a legna e i neurotrasmettitori che corrono di qua e di là con le pergamenine in mano. Ed è una cosa bella, perchè quando salta fuori una sana idea divulgativa, il sapere trasmesso riecheggia sereno nell’eternità. E da questa affermazione potremmo quasi generalizzare che Piero Angela non può morire, ma non è il momento.
Comunque, si parlava delle piastrine di Esplorando il corpo umano. Neanche alle Termopili si è vista una dedizione pari a quella delle piastrine di Esplorando il corpo umano. Se ci pensiamo bene, tutti gli altri abitanti dell’organismo svolgono sì il loro lavoro con impegno, ma un po’ come facciamo anche noi. Ci si lamenta, si trascinano i piedi, si sbuffa se c’è da faticare più di tanto, si guarda con insistenza l’orologio, si va dai colleghi a raccontare quanto stiamo lavorando e si fa a chi è più esausto, ci si iscrive a competizioni sulla profondità dell’occhiaia e cose del genere. Tornando al sistema circolatorio, esempio lampante e innegabile di questo diffuso malcostume è il Globulo Rosso Grasso. Un po’ sempre, ma soprattutto quando trasporta anidride carbonica, il Globulo Rosso Grasso è di una pesantezza inaudita. Non fa un micron senza infliggere ai globuli circostanti un preciso resoconto di quanto sia spossato, demotivato, scazzato,  infelice ed esaurito. Di quanto gli pesi l’anidride, di quanto voglia arrivare ai polmoni il prima possibile, perchè così non gliela fa più, perchè lui è grosso e quindi gli mettono sulla schiena più anidride degli altri e lui non se la merita, tutta quella roba da portare in giro e insomma, morirà secco di fatica. E basta, Globulo Grasso, hai vicino il Globulo Vecchio, che ha millemila anni e inciampa nella barba, ma si sobbarca la sua anidride senza fare tante storie, e che sarà mai, mica c’è in giro la leucemia, cammina e taci, trombone lamentoso che non sei altro.

Ecco, da una piastrina non si avrà mai e poi mai un comportamento da Globulo Grasso. La piastrina è al mondo per salvare tutti gli altri. La piastrina darà la mano alle altre piastrine per costruire un ponte o tappare una falla o sottrarre un vaso sanguigno dal collasso… e lo farà con gioia, lo farà con allegria ed efficienza, si arrampicherà e incastrerà finchè il solido muro di piastrine, con tutte le loro faccine ben disegnate una ad una diventerà una campitura rossa indistinta e vorrà dire che la singola piastrina non esiste più, ma è diventata una molecolina inscindibile in una cosa più grande e nobile.  E mi ricordo che da piccola, quando finalmente si creava questo impenetrabile muro indistinto e il corpo era salvo, mi mettevo a piangere a dirotto davanti alla tv. Piangevo forte per le eroiche e anonime piastrine, che si sacrificavano col sorriso sulle facciotte tonde, agitando le cinque sei o quante mani sono, perdendo se stesse senza sentire uno straccio di grazie, perchè quello era il destino della piastrina, creata per compattarsi alle altre e proteggere tutti dal dissanguamento.
Insomma, tutto questo sta capitando sulla mia tibia tagliuzzata.
Proprio lì… e ora sono molto commossa.

Da un punto di vista antropologico e linguistico, cercare casa può essere avvincente. Il mercato immobiliare è una di quelle realtà dove regna sovrana l’asimmetria informativa, dove tu vai a parlare con persone intrepide, impermeabili alla vergogna e al ritegno, persone che con olimpica flemma riescono a dirti che il rognoso monolocale di quindici metri quadri che stai visitando non è un monolocale, bensì un delizioso e modernissimo open space. E ti diranno anche che oltre al microonde, nello squisito e piccolo loft – anzi, “intimo” piccolo loft – ci sono sia lavatrice che lavastoviglie. Al che, ti guarderai speranzosamente in giro, ma lì per lì, incassati sotto al lavabo, questi preziosi elettrodomestici non li vedrai da nessuna parte… ma ti verrà presto detto che non ci sono perchè si trovano dov’è naturale che siano: alla fine dei tuoi avambracci.
Ma non tutto è viscido e subdolo. C’è speranza. E soprattutto, c’è comicità involontaria.

Il bilocale di Giulio Verne
In stabile anni 60 piano alto luminoso ottimo alloggio mq 80 composto da ingresso 2 camere tinello cucinino bagno. Doppia esposizione termoascensore.
Steampunk is not dead!

Alloggio per democristiani
Centralissimo ma molto silenzioso piccolo loft-ampio mono/bilocale circa 40 mq.
I padroni di casa che non vogliono deludere nessuno sono i migliori. Questa casa è un Transformer. E’ un monolocale, è un bilocale, è un loft, è un loft piccolo, è un monolocale ampio, è qualcosa che farà la mitosi per te, è una chimera dell’architettura moderna, è un non-luogo, è tutto quello che gli chiederai di essere. E anche di più.

Quell’allure cosmopolita
Appartamento non arredato di mq. 100 circa composto da: ampio ingresso, 2 camere, sala, cucina abitabile, bagno (sdoppiato alla francese).
Ah, fare la spola tra il cesso e il lavabo, sentendosi un po’ nella ville lumière. Ah, sgranocchiare macarons, contemplando il fascino inarrivabile di un bidet che non esiste. Ma poi, perchè chiamare una cosa con un nome francofono quando poi in Francia non c’è, il beneamato bidet?

Mr Scrooge
Richiedesi affidabilità economiche.
e anche
Richiedesi referenze economiche dimostrabili.
Perchè io sarò anche uno che costruisce frasi scorrette e poco scorrevoli, ma non sono un pezzente schifoso. Sono uno sgrammaticato possidente.

Maniglione antipanico
In interno cortile pedonale con ricovero biciclette, primo piano rialzato, porta blindata, inferriate alle finestre.
Vorrei precisare che il ricovero biciclette è in un bunker sotterraneo, con riconoscimento impronte digitali e scanning della retina all’ingresso. In caso di bisogno, l’appartamento è anche dotato di riflettori con lenti intercambiabili, per proiettare nei cieli il segnale d’emergenza del supereroe più indicato. Perchè non bisogna far fare a Batman una roba da Spiderman.

Scout e campeggiatori
Affittasi al piano rialzato monolocale con zona notte soppalcata e bagno interno; l’immobile è arredato senza zona cottura ma con frigorifero.
La gente disinformata e razzista disprezza chi si fa i Quattro salti in padella. I quattrosaltisti sono derisi da tutti quelli che non li mangiano, soprattutto dai coglioni qualsiasi che si sentono dei Gualtiero Marchesi in terra e che indossano il grembuile da cucina come i crociati con l’armatura. Questo qua, che affitta una roba dove non c’è nemmeno il fornello, è sicuramente un detrattore dei cuochi della scuola del surgelato. Avrà pensato, capirai, uno che può spendere solo 310 euro d’affitto che vuoi che si cucini, l’anatra all’arancia? Il dodo in carpione? Le crespelle d’anguilla tirolese? Figurati, si comprerà degl’infimi surgelati Selex – anche perché, nota bene, i Quattro salti costano quanto un trapianto di cornea, se ci pensiamo bene – da sbattere in una padella col teflon grattato, che fa male e che lo uccideranno lentamente, surgelato dopo surgelato: una morte orribile, come si merita. E allora sai che ti dico, ti metto il frigo col freezer, ma non ti metto il fornello, per schernirti, così impari, analfabeta alimentare. Dai, dai, voglio vederti adesso, inquilino del cazzo.

Godzilla… rhooooarrrr
99º piano. centro storico, Centro-Crocetta, Torino.
Le ipotesi sono svariate. Il palazzo di novantanove piani in pieno centro a Torino è invisibile. Il palazzo di novantanove piani è in realtà la Mole Antonelliana – e per soli 500 euro mensili ci puoi vivere dentro. Ma anche, il palazzo di novantanove piani nessuno l’ha mai visto, ma c’è davvero… e i condoni edilizi hanno fatto più danni del previsto.

E tutto questo solo oggi.